Mi sto riferendo a Il principe delle maree di Barbra Streisand.
Ecco la recensione:
Il principe delle maree (The Prince of Tides) di Barbra
Streisand del 1991. Con Nick Nolte, Barbra Streisand, Blythe Danner,
Kate Nelligan, Jeroen Krabbé, Melinda Dillon, George Carlin, Jason
Gould. (132 min. ca.)
Tom Wingo (Nolte), uomo sposato con tre figlie, in crisi con
la moglie (Danner) anche per il suo carattere chiuso, dovrà correre
di corsa a New York per fare da tramite (una specie di "memoria")
tra la sorella (Dillon) che ha cercato, ancora una volta, di
togliersi la vita e la psichiatra Susan Lowenstein (Streisand).
Riuscirà a sfogarsi e a ricordare fantasmi di un passato
dolorosissimo e conflittuale con i genitori. E comincerà anche una
relazione con la stessa dottoressa, destinata però, ragionevolmente,
a chiudersi.
Film drammatico tratto dal libro omonimo di Pat Conroy
in bilico tra lo psicologico e il sentimentale, ben diretto, ben
scritto e interpretato benissimo soprattutto dai due protagonisti.
A
dire il vero i toni della pellicola si capiscono fin dall'inizio
essendo tutto molto patinato, edulcorato, perfettino, con la voce fuori
campo e le immagini infantili che creano suggestione, con una musica
orchestrale anch'essa molto patetica. E verso i tre quarti c'è il
culmine con scene d'amore, melassa a fiumi, romanticismo. Insomma,
tutto questo zucchero potrebbe cariare i denti e far storcere il naso
a più di qualche persona. Il sentimentalismo a buon mercato creato a
tavolino per emozionare e commuovere sarebbe da bandire. Eppure
qualcosa funziona. Eccome se funziona.
La Streisand (che purtroppo ha
sempre questo difetto del far diventare i finali un po' stucchevoli,
vedasi L'amore ha due facce. Divertentissimo, veramente
carino fino ad oltre la metà e poi la caduta nello sdolcinato più
sfacciato) sa come raccontare, sa come dirigere, ha una sua idea di
cinema, è coerente in tutto e regala dei momenti di alta
recitazione.
Nick Nolte difficilmente è stato così convincente e
lei è magnetica: per il modo in cui si pone, per come parla e
scandisce le frasi o come a volte addirittura le sussurra (il
doppiaggio ancora una volta non rende giustizia). Grande, grandissima
artista dall'enorme espressività - anche facciale - e sensibilità.
Questa sensibilità tutta femminile si ripercuote nella
caratterizzazione approfondita dei personaggi e nel suo tocco lieve
nel girare certe scene che effettivamente non possono lasciare
indifferenti.
Con qualche immancabile spruzzata di umorismo jewish (e
c'è anche un cameo del grande comico George Carlin) molto newyorkese
e molto nelle sue corde per forza di cose ed anche con qualche scena
realmente simpatica sulle differenze di classe sociale (la cena con
quello sbruffone del marito di Susan) è una pellicola dolce,
stucchevole come si è detto, ma anche molto garbata e piacevole.
Certi film mettono d'accordo un po' tutti, sono furbi ma attraggono e
sono liberatori: questo è il suo caso. Pur con un finale alla Come eravamo ormai suo marchio di fabbrica (anche se il regista lì
era Sidney Pollack, ma lei era la splendida protagonista) non riesce
a farsi odiare. Anzi, il monologo conclusivo di Tom Wilko è molto
azzeccato e coinvolgente.
Un film ricattatorio sì, ma con classe, da
vedere anche solo per curiosità.
(Bella e suggestiva anche la canzone/tema portante Places That Belong To You cantata dalla stessa Streisand).
Consigliato.
Voto: ***
Il trailer:
Places That Belong To You:
Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?
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