mercoledì 6 agosto 2014

Il principe delle maree, seconda opera da regista di Barbra Streisand in bilico tra il drammatico e il sentimentale. Film ricattatorio e un po' mieloso, riesce altresì a trattare temi forti con sensibilità e dolcezza. Fantastica la stessa Streisand come protagonista insieme ad un Nick Nolte mai più così bravo (o quasi)

Oggi voglio parlarvi di un film di qualche anno fa che mi è piaciuto (chi mi conosce si stupirà un po') nonostante qualche difetto.
Mi sto riferendo a Il principe delle maree di Barbra Streisand.
Ecco la recensione:





Il principe delle maree (The Prince of Tides) di Barbra Streisand del 1991. Con Nick Nolte, Barbra Streisand, Blythe Danner, Kate Nelligan, Jeroen Krabbé, Melinda Dillon, George Carlin, Jason Gould. (132 min. ca.)
Tom Wingo (Nolte), uomo sposato con tre figlie, in crisi con la moglie (Danner) anche per il suo carattere chiuso, dovrà correre di corsa a New York per fare da tramite (una specie di "memoria") tra la sorella (Dillon) che ha cercato, ancora una volta, di togliersi la vita e la psichiatra Susan Lowenstein (Streisand). Riuscirà a sfogarsi e a ricordare fantasmi di un passato dolorosissimo e conflittuale con i genitori. E comincerà anche una relazione con la stessa dottoressa, destinata però, ragionevolmente, a chiudersi. 



































Film drammatico tratto dal libro omonimo di Pat Conroy in bilico tra lo psicologico e il sentimentale, ben diretto, ben scritto e interpretato benissimo soprattutto dai due protagonisti. 
A dire il vero i toni della pellicola si capiscono fin dall'inizio essendo tutto molto patinato, edulcorato, perfettino, con la voce fuori campo e le immagini infantili che creano suggestione, con una musica orchestrale anch'essa molto patetica. E verso i tre quarti c'è il culmine con scene d'amore, melassa a fiumi, romanticismo. Insomma, tutto questo zucchero potrebbe cariare i denti e far storcere il naso a più di qualche persona. Il sentimentalismo a buon mercato creato a tavolino per emozionare e commuovere sarebbe da bandire. Eppure qualcosa funziona. Eccome se funziona. 
La Streisand (che purtroppo ha sempre questo difetto del far diventare i finali un po' stucchevoli, vedasi L'amore ha due facce. Divertentissimo, veramente carino fino ad oltre la metà e poi la caduta nello sdolcinato più sfacciato) sa come raccontare, sa come dirigere, ha una sua idea di cinema, è coerente in tutto e regala dei momenti di alta recitazione. 
Nick Nolte difficilmente è stato così convincente e lei è magnetica: per il modo in cui si pone, per come parla e scandisce le frasi o come a volte addirittura le sussurra (il doppiaggio ancora una volta non rende giustizia). Grande, grandissima artista dall'enorme espressività - anche facciale - e sensibilità. 
Questa sensibilità tutta femminile si ripercuote nella caratterizzazione approfondita dei personaggi e nel suo tocco lieve nel girare certe scene che effettivamente non possono lasciare indifferenti. 
Con qualche immancabile spruzzata di umorismo jewish (e c'è anche un cameo del grande comico George Carlin) molto newyorkese e molto nelle sue corde per forza di cose ed anche con qualche scena realmente simpatica sulle differenze di classe sociale (la cena con quello sbruffone del marito di Susan) è una pellicola dolce, stucchevole come si è detto, ma anche molto garbata e piacevole. Certi film mettono d'accordo un po' tutti, sono furbi ma attraggono e sono liberatori: questo è il suo caso. Pur con un finale alla Come eravamo ormai suo marchio di fabbrica (anche se il regista lì era Sidney Pollack, ma lei era la splendida protagonista) non riesce a farsi odiare. Anzi, il monologo conclusivo di Tom Wilko è molto azzeccato e coinvolgente. 
Un film ricattatorio sì, ma con classe, da vedere anche solo per curiosità. 
(Bella e suggestiva anche la canzone/tema portante Places That Belong To You cantata dalla stessa Streisand).
Consigliato. 


Voto: ***














Il trailer:



Places That Belong To You:








Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?











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