Mi riferisco a Babel di Alejandro González Iñárritu.
Ecco la recensione:
Babel di Alejandro González Iñárritu del 2006. Con Brad Pitt, Cate Blanchett, Adriana Barraza, Gael García Bernal, Rinko Kituchi, Kōji Yakusho, Mustapha Amhita, Mohammed Boubker Ait El Caid, Elle Fanning, Nathan Gamble, Said Tarchani, Mustapha Rachidi, Michael Peña, Clifton Collins Jr.. (142 min. ca.)
Quattro storie si intrecciano.
Due bambini pastori delle montagne marocchine si esercitano sfidandosi con il fucile del padre. Ma accade un incidente.
Richard (Pitt) e Susan (Blanchett) Jones, coppia americana in crisi dopo la morte bianca del loro terzo figlio, vanno in Marocco per cercare di ritrovarsi. Improvvisamente, mentre sono sul pullman per il giro turistico, lei viene colpita da un proiettile tra il collo e la spalla.
Amelia(Barraza), babysitter messicana residente in America, deve tenere i bambini di una coppia che ha avuto un contrattempo in vacanza, anche se dovrebbe avere la giornata libera per il matrimonio di suo figlio. Li porterà con sé in Messico.
Una ragazza giapponese sordomuta con alle spalle la morte della madre, non riesce ad accettare il suo problema e il rifiuto dei suoi coetanei, quindi cerca di offrirsi maldestramente anche ad un poliziotto...
Quattro vicende apparentemente lontanissime, con ambientazioni differenti, si mescolano e sono più legate di quanto si possa immaginare, in una pellicola che superficialmente potrebbe apparire scontata.
Eppure non lo è. O almeno non del tutto.
È intelligente, profonda e parla dell'incomunicabilità, dei sensi di colpa, del dolore e del perdono. Ogni storia - a parte il parallelismo prima e l'intersecamento poi - ha questi elementi ben chiari, forse anche troppo espliciti. E funzionano.
Se la sceneggiatura è come sempre ben scritta, da Guillermo Arriaga che ci mette sempre colore e una forza narrativa incisiva, la struttura dell'opera (marchio di fabbrica anche di 21 grammi) e quindi l'idea registica e di montaggio perno e caratteristica principale, rischiano di rivoltarglisi contro.
Ossia che gli episodi in sé sono solo un pretesto per mettere in atto la decostruzione/destrutturazione e la ricostruzione ad incastro. Dunque, realizzare un bel lavoro tecnico ma leggermente meno corposo nei contenuti.
Nonostante ciò lo spettatore si lascia coinvolgere e appassionare subito anche per l'abilità di Iñárritu di mostrare la realtà, immergendo i personaggi in contesti veri e suggestivi.
Un enorme merito va anche alla fotografia che cambia da storia a storia e si adegua al contesto, descrivendo perfettamente gli ambienti.
Il cast è in gamba. Forse la migliore del gruppo è Cate Blanchett, seguita da Adriana Barraza: la disperazione sul suo vosto stravolto e il suo incedere stanco nel deserto sono particolari difficili da dimenticare. Bravissimi gli attori non troppo famosi e i bambini. Soprattutto Nathan Gamble.
Altro grande contributo è dato dalla colonna sonora composta da Gustavo Santaolalla: ricca di pathos, emozionante, mai troppo invadente. Anzi, caratterizzante. Davvero memorabile.
Un film studiato nei minimi particolari che rischia di girare un po' su se stesso per autocompiacimento allungando, dilatando quindi i tempi.
Ma funziona. Il messaggio arriva forte e chiaro, così come lo sguardo del regista e dello sceneggiatore e ne mostra le capacità e una certa poesia nel girare, nel presentare certe scene. Il pubblico non può rimanere indifferente.
Da vedere. Consigliatissimo.
Voto: ***1/2
Il trailer:
Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?
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