giovedì 9 luglio 2015

Nome in codice: Nina di John Badham, remake americano del cult francese di Luc Besson Nikita. Ben realizzato, è un film fotocopia perciò sostanzialmente inutile

Oggi vi voglio parlare di un film di parecchi anni fa. Un remake di un cult di cui vi ho già parlato pochi giorni fa.
Mi riferisco a Nome in codice: Nina di John Badham.
Ecco la recensione:





Nome in codice: Nina (Point of No Return) di John Badham del 1993. Con Bridget Fonda, Gabriel Byrne, Dermot Mulroney, Miguel Ferrer, Anne Bancroft, Olivia D'Abo, Richard Romanus, Harvey Keitel, Lorraine Toussaint, Geoffrey Lewis, Mic Rodgers, Michael Rapaport. (109 min. ca.)
Maggie Hayward (Fonda), drogata che durante una rapina con gli amici in una farmacia uccide a sangue freddo un poliziotto, viene condannata a morte. In realtà la sua esecuzione sarà soltanto simulata: verrà invece reclutata da parte del governo per farla diventare una killer professionista, vista l'indole violenta. Bob (Byrne), a capo della faccenda, la farà addestrare. Ma non ha fatto i conti con i sentimenti della ragazza (di cui in verità si invaghisce anche lui): Maggie infatti si innamorerà di un fotografo, J.P. (Mulroney), e vorrà venirne fuori. 















Remake fotocopia di Nikita*, cult di Luc Besson, è un thriller con tanta azione con qualche piccolo cambiamento (ad esempio la coppia non va a Venezia ma a New Orleans per assistere al Mardi Gras, fatalità. Il nome in codice del titolo - italiano - viene assegnato a Maggie da Bob poiché lei è solita ascoltare Nina Simone quando è triste. Nikita era ispirato alla canzone di Elton John, di cui però non si faceva menzione). 
Se l'originale francese era grezzo, questo è molto più di maniera, pulitino. Eppure il risultato non è malvagio. Tanto la furbizia c'era anche nell'altro, non si può negarlo. 
Le scene d'azione sono più curate, più movimentate e filmate meglio, altre sono state riproposte con più buon gusto, con un rapporto-causa effetto più intelligente, più plausibile. Anche il finale ha più senso ed è meno brusco. Forse più raccontato e meno aperto, ma ci guadagna. 
Il punto debole sono gli attori protagonisti. Se Anne Parillaud era un maschiaccio credibile, aveva un carisma e un fascino indiscutibile, Bridget Fonda per quanto carina ed anche sexy volendo, non riesce ad eguagliarla, non è ambigua a sufficienza. Anche il solitamente magnetico Gabriel Byrne, non riesce a battere Tchéky Karyo: non appare abbastanza cattivo. Bravo invece Harvey Keitel nel ruolo del ripulitore Victor (personaggio che reinterpreterà, più o meno, in Pulp Fiction): con la protagonista ha un'uscita di scena più intrigante rispetto a Nikita, forse un po' troppo sopra le righe ma ben costruita. Dermot Mulroney è di contorno (certo che la scena dei ravioli in scatola per cena - per carità, anche qui - e il vero e proprio bacio col raviolo - disgustoso - fa proprio effetto). Anne Bancroft prende il posto che fu di Jeanne Moreau (Amanda, la vecchia recluta che cerca di insegnare un po' di femminilità alle ragazzacce) ed è in gamba, carismatica - come sempre, ovvio - ma sprecatissima anche lei, purtroppo). 
Un plauso invece per la colonna sonora (magari un po' invadente ma più interessante dell'altra. Poi Nina Simone alza ulteriormente il livello). 
In conclusione si può affermare che ci si trova davanti ad un rifacimento non così pessimo ma in realtà ad un film inutile e fine a se stesso perché se l'altro aveva già l'aurea - seppur con moltissimi difetti - di una pellicola di culto appariva una novità nel panorama francese, questo è il classico film americano ben realizzato (e Badham sa il fatto suo, sa come girare, come prendere lo spettatore) ma senza anima. 
Comunque è da vedere. Consigliato.

*Mia recensione
Voto: **1/2/***








Il trailer:








Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?













Chiunque volesse prendere le recensioni citi questo blog. Riproduzione riservata

Nessun commento:

Posta un commento