mercoledì 30 marzo 2016

Everest di Baltasar Kormákurd, solita pellicola di genere catastrofico/sopravvivenza con un bel cast. La vicenda in sé purtroppo non permette allo spettatore di provare empatia per i protagonisti. Visivamente però è impeccabile e gli effetti speciali sono utilizzati con intelligenza

Oggi vi voglio parlare di un film recente. Un film sul genere catastrofico, con un bel cast ma che rimane un po' distante.
Mi riferisco ad Everest di Baltasar Kormákur.
Ecco la recensione:





Everest di Baltasar Kormákurd del 2015. Jason Clarke, Jake Gyllenhaal, Josh Brolin, John Hawkes, Robin Wright, Michael Kelly, Keira Knightley, Sam Worthington, Emily Watson, Elizabeth Debicki, Martin Henderson, Tom Goodman-Hill, Naoko Mori, Thomas M. Wright, Mark Derwin, Clive Standen, Ingvar Eggert Sigurðsson. (121 min. ca.)
Nel 1996, il gruppo di scalatori capitanato dalla guida Rob Hall (Clarke), sposato con Jan (Knightley) in procinto di avere una figlia, e l'altro formato dallo spavaldo Scott Fisher (Gyllenhaal), si danno manforte per evitare confusione con gli altri gruppi e arrivare entro la data stabilita sull'Everest. Le condizioni meteorologiche avverse, disorganizzazione, stanchezza e carenza di ossigeno metteranno in difficoltà la spedizione. Otto di loro moriranno (tra cui proprio la guida). 

















Solita pellicola di genere catastrofico/sopravvivenza/avventura/azione - tratta da una storia vera - con tragedia dietro l'angolo. Bella la ricostruzione degli eventi, ottime le scenografie (è stato girato in Nepal, Alto Adige, Roma e Inghilterra), la fotografia e gli effetti visivi utilizzati in modo funzionale, senza esagerare. Ottimo - e ricco - anche il cast. 
Questi gli unici elementi a favore, poiché la trama, per quanto appassionante e ricca di tensione, è purtroppo prevedibile e, cosa ben più grave, non si riesce a provare empatia per i personaggi: neanche le ripetute telefonate di Jan al marito con Helen Wilton (Watson), che gestiva il campo base, in lacrime anche lei, servono a far provare un minimo di pena o di simpatia allo spettatore, poiché il suicidio era annunciato e i protagonisti dalla vicenda sapevano a cosa andavano incontro. 
Si può applaudire l'incoscienza? Sì, se i toni fossero stati diversi come in Into the Wild, se avessero sottolineato il rapporto con la natura, se tutto fosse stato più poetico e meno superficiale, ma qui c'era solo la voglia di mettersi in gioco, ben sapendo quale sarebbe stato, nel caso, il prezzo da pagare. Certo, il fatto di mostrare le cose in modo obiettivo e realisticamente poteva essere un vantaggio per l'opera in sé (ed effettivamente non è il classico blockbusterone), al contrario, è stata un'arma a doppio taglio. Si sente la sofferenza e pare quasi di essere lì insieme a loro, eppure manca qualcosa per i motivi di cui sopra, perché tutto sommato la fattura è buona. Gli attori si impegnano (ottimo davvero Brolin), tuttavia anche loro non riescono a fare un miracolo. 
Un film che intrattiene (ma, ancora, come si fa a godere della morte di persone per un motivo - lasciando da parte il coraggio, l'ambizione, ecc... - tanto inutile o della salvezza parziale di altre?), inevitabilmente coinvolge e al contempo fa addirittura arrabbiare (per portare in salvo qualche componente del gruppo e per andare a recuperare le salme sono state messe a repentaglio la vita di altre persone. Anzi, due addirittura sono morte). 
Proiettato in aprtura della scorsa Mostra del Cinema di Venezia. Mah. 
Da vedere per curiosità. (C'è anche in 3D). Consigliato solo per la parte visiva. 


Voto: **1/2






Il trailer:







Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?












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