sabato 29 aprile 2017

La mia vita da Zucchina di Claude Barras, film di animazione in stop-motion che parla di temi delicati e seri che coinvolgono dei bambini orfani o con problemi familiari. Sensibile, tenerissimo e dal bel messaggio. Tra i candidati all'Oscar per il "Miglior Film Straniero"

Oggi vi voglio parlare di un film recente. Un film di animazione francese (co-produzione con la Svizzera) davvero ben fatto e con un bel messaggio.
Mi riferisco a La mia vita da Zucchina di Claude Barras.
Ecco la recensione:





La mia vita da Zucchina (Ma vie de Courgette) di Claude Barras del 2016. (65 min. ca.)
La storia di Icare detto "Zucchina" (Courgette), un bambino di nove anni che perde la madre alcolizzata per un suo gesto avventato. Viene mandato in una casa-famiglia che comprende pochi piccoli ospiti dal difficile vissuto. Ambientarsi non sarà facile ma con l'arrivo di Camille e con l'amore del poliziotto che l'ha scortato fin là e che continua ad andarlo a trovare, le cose miglioreranno. 










 


















Film di animazione in stop-motion. 
Colorato, fantasioso, con uno stile che ricorda quello delle illustrazioni per l'infanzia, per l'appunto. Eppure né la storia né i temi trattati sono propriamente per bambini (né ragazzini). 
Già l'introduzione al personaggio di Courgette è tutto un programma e fa subito intuire i toni drammatici dell'opera. 
Tuttavia una cosa colpisce subito: la tenerezza di fondo e la dolcezza di molti personaggi tutta da scoprire. Difficile non sentirsi coinvolti e non provare empatia. Tra l'altro i cattivi (la zia di Camille) sono veramente cattivi e negativi e il fatto che la vicenda sia molto realistica rende il tutto credibile e strano al tempo stesso. 
Anche il linguaggio è sì da bambini ma da bambini veri non da bimbetti ingenui. 
Commovente, un po' ricattatorio in alcuni punti, ma glielo si perdona per il messaggio che manda: famiglia sono le persone che ci vogliono bene, non importa che non ci sia parentela di sangue. 
Un piccolo (in tutti i sensi avendo la durata di un'ora) gioiellino. Intelligente, poetico e triste, tristissimo, con uno spiraglio di speranza. 
A volte si può piangere anche di felicità...
Candidato come Miglior Film Straniero agli Oscar (nonostante Zootropolis* sia stupendo, questo avrebbe forse meritato di più). 
Da vedere assolutamente (sul doppiaggio italiano non garantisco. Quello originale francese è azzeccato e piacevole). Consigliatissimo.

*Mia recensione
Voto: ***1/2/**** 





Il trailer:







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venerdì 28 aprile 2017

Il cliente di Asghar Farhadi, film drammatico che parla di vendetta, perdono e di una coppia in crisi a causa di un avvenimento gravissimo. Coinvolgente, ben scritto, ben diretto e recitato divinamente. Vincitore dell'Oscar come "Miglior Film Straniero"

Oggi vi voglio parlare di un film recente. Un film drammatico di un grande autore che ha fatto parlare prima e durante la cerimonia degli Oscar.
Mi riferisco a Il cliente di Asghar Farhadi.
Ecco la recensione:






Il cliente (Forushande) di Asghar Farhadi del 2016. Con Shahab Hosseini, Taraneh Alidoosti, Babak Karimi, Mehdi Koushki, Farid Sajjadi Hosseini, Emad Emami, Maral Bani Adam, Mina Sadati, Shirin Agkakashi, Ehteram Boroumand, Sam Valipour, Mojtaba Pirzadeh, Sahra Asadollahe. (125 min. ca.)
Emad Etesam (Hosseini) è un insegnate che si diletta come attore. Sta portando in scena infatti insieme alla moglie Raana (Alidoosti) Morte di un commesso viaggiatore di Arthur Miller. Proprio una sera, mentre Emad è alle prove e la moglie si sta facendo la doccia nella nuova casa, affittata dopo il cedimento della palazzina nella quale vivevano, questa viene aggredita da qualcuno che le procura un taglio alla testa e, presumibilmente, abusa di lei. A quel punto lui vuole trovare il colpevole (che è scappato), lei invece cerca di accantonare l'accaduto. La coppia si incrinerà. 






Film drammatico vincitore meritatamente dell'Oscar come Miglior Film Straniero (tralasciando l'eco ricevuta per la polemica - sacrosanta - contro Trump e la simpatia mista a nostalgia di Vi presento Toni Erdmann*) e ispirato - come detto - all'opera di Arthur Miller, che riesce ad inquadrare bene non solo lo spaccato sociale iraniano (anche soltanto dalle varie inquadrature), bensì affronta delle tematiche universali (ed anche ben consolidate. Al cinema particolarmente). 
La storia in sé non è così originale: è la messa in scena ad esserlo. 
Il modo di narrare di Farhadi è sempre molto cadenzato e svela piano piano gli snodi della trama, lasciando degli indizi qua e là per poi riprenderli mano a mano. 
Ha uno sguardo acuto sulle cose, non gli sfugge nulla. Ogni elemento ha un suo perché ma è mostrato con sincerità e forza. 
La vicenda di per sé è terribile ed è interessante come venga trattata da personaggi di un'altra cultura, di come un'aggressione ad una donna venga vista male e metta ancora più a disagio la vittima, di come si può sentire il compagno e come si reagisca alla cosa. È una vera e propria umiliazione che scatena varie reazioni: vendetta e perdono. 
Giusto e sbagliato si fondono insieme (in alcuni momenti potrebbe ricordare Prisoners* di Villeneuve specialmente per alcune scene). 
La piega che prende nel finale è agghiacciante e dolorosissima. Chissà se il rapporto di coppia ritornerà come prima... 
Il cast è eccezionale. Shahab Hosseini è come sempre impeccabile: espressivo senza essere mai eccessivo (d'altronde il tipo di recitazione iraniana non è enfatica). Sembra vivere realmente quello che prova il personaggio, davvero molto credibile. Convincente anche Taraneh Alidoosti. Ottimo, anche se in un piccolo ruolo, Babak Karimi. Bravissimi tutti gli altri. 
Un film ambiguo, di impatto senza essere urlato, che offre parecchi spunti di riflessione e che coinvolge dall'inizio alla fine. 
Unica pecca il doppiaggio, ma si può soprassedere. 
Farhadi ha realizzato da qualche anno a questa parte una pellicola più bella dell'altra e si merita tutto il successo che sta avendo. 
Da vedere assolutamente. Consigliatissimo.

*Mie recensioni
Voto: ***1/2/****





Il trailer:







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giovedì 27 aprile 2017

Loulou di Maurice Pialat, dramma con venature da commedia piuttosto anomalo e grezzo. Inverosimile inizialmente, trova una sorta di liberazione nella seconda parte, di più ampio respiro. La coppia Huppert-Depardieu funziona: c'è molta chimica tra loro

Oggi vi voglio parlare di un film di parecchi anni fa. Un film francese particolare, libero, strambo. Con due bravi protagonisti.
Mi riferisco a Loulou di Maurice Pialat.
Ecco la recensione:





Loulou di Maurice Pialat del 1980. Con Isabelle Huppert, Gérard Depardieu, Guy Marchand, Humbert Balsan. (110 min. ca.)
Nelly (Huppert), borghese sposata con André (Marchand), che è anche suo collega di lavoro, da pochi anni, conosce in un locale Loulou (Depardieu), un donnaiolo uscito da poco di galera. Se ne innamora. Ma l'instabilità finanziaria e la "faciloneria" di quest'ultimo peseranno sul rapporto. 

















Dramma con venature da commedia. 
Piuttosto patetico inizialmente, migliora nella seconda parte. 
Maschilismo, donne usate come oggetti, tutti che vanno a letto con tutti: si lasciano, si riprendono senza problemi. 
È tutto troppo inverosimile e all'inizio anche la recitazione ne risente. 
Il problema è una sorta di anacronismo. La trama per i toni con cui viene presentata potrebbe essere quella di una pellicola della Nouvelle Vague, però contestualizzata negli anni '80, meno trasognata anche per come è messa in scena. L'effetto - forse voluto - è nauseante. Tanti nudi (anche integrali), scene di sesso (piuttosto esplicite, soprattutto per l'epoca). 
In effetti è un film libero, maldestro quanto si vuole, ma completamente svincolato dalle regole. Ed è proprio nell'ultima mezz'ora, quando la storia e la regia diventano meno schematiche che le cose funzionano e migliorano sia l'atmosfera che la recitazione (più fisica e diretta, meno finta, senza filtri e per l'appunto spontanea). 
Isabelle Huppert è giovanissma e ne ha in effetti di strada da fare ma già dimostra di avere la stoffa: una grande classe e una padronanza scenica. In alcuni momenti è davvero intensa. Gérard Depardieu, che già cominciava ad appesantirsi fisicamente, è molto piacevole perché sornione e fuori dagli schemi. Come coppia funzionano. Guy Marchand, dal canto suo, è antipatico al punto giusto. 
Un film non privo di fascino che tuttavia funziona a tratti e non si capisce dove voglia andare a parare. Storia d'amore? Ritratto della società? 
Da vedere per curiosità. Consigliato. 
(Ha partecipato al Festival di Cannes). 


Voto: **1/2










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