domenica 31 gennaio 2016

IN SALA - Il ponte delle spie di Steven Spielberg, tratto da fatti realmente accaduti e da persone realmente esistite, è un film coinvolgente, suggestivo, di atmosfera, che si perde nella seconda parte leggermente in retorica e buonismo (caratteristiche tipiche del cinema del regista). Bel cast: spicca soprattutto il co-protagonista Mark Rylance (giustamente candidato all'Oscar)

Oggi vi voglio parlare di un altro film ancora nelle sale. Un film di spionaggio/storico diretto da un regista famosissimo e amatissimo.
Mi riferisco a Il ponte delle spie di Steven Spielberg.
Ecco la recensione:





Il ponte delle spie (Bridges of Spies) di Steven Spielberg del 2015. Con Tom Hanks, Mark Rylance, Amy Ryan, Alan Alda, Austin Stowell, Scott Shepherd, Jesse Plemons, Domenick Lombardozzi, Sebastian Koch, Eve Hewson, Will Rogers, Dakin Matthews, Michael Gaston, Mikhail Gorevoy. (141 min. ca.)
Brooklyn, 1957. Durante la guerra fredda l'avvocato americano James B. Donovan (Hanks), estraneo all'argomento, dovrà difendere una spia filocomunista, Rudolf Abel (Mark Rylance). Lo salverà dalla sedia elettrica e otterrà uno scambio con un prigioniero americano, Francis Gary Powers (Stowell), il cui aereo U-2 è caduto sul territorio dell'Unione Sovietica, e un giovane studente Frederic Pryor (Rogers), bloccato per sbaglio durante la chiusura del muro di Berlino. Per arrivare a quel punto Donovan dovrà recarsi personalmente a in Germania e contrattare (lo scambio avverrà sul Ponte di Glienicke). 




















Film ispirato a fatti realmente accaduti e a persone realmente esistite (Donovan, preso sotto l'ala di Kennedy, ottenne il rilascio di più di mille prigionieri a Cuba), romanzato e ben costruito, si snoda con grande ritmo e velocità per la prima ora e mezza e piano piano si arena fino a ripetersi nelle situazioni.
Il buonismo spielberghiano viene in parte stemperato dalla sceneggiatura curata da Matt Charman insieme a Joel ed Ethan Coen, soltanto che, per l'appunto, come per il ritmo di cui sopra, anche quell'asciuttezza, quel brio iniziale, si è andato perdendo, lasciando il posto alla retorica.
Ci sono delle similitudini con la figura di Oskar Schindler, come si può ben intuire, per le "missioni" portate a casa dal protagonista. Bella la fotografia, grande cura degli ambienti, belle le scenografie. La colonna sonora di Thomas Newman - che ha sostituito all'ultimo momento John Williams - è pomposa e convenzionale ma calzante con i toni della pellicola.
Bravi gli attori. Tom Hanks gigioneggia meno del solito e fa la sua parte con dignità, ma chi stupisce è Mark Rylance: il suo Rudolf Abel è perfetto e lui si dimostra un caratterista con i fiocchi. L'Oscar per lui per il Miglior Attore Non Protagonista sarebbe meritato (a pari merito forse con Tom Hardy). Gli altri fanno la loro (Amy Ryan si vede poco, nel ruolo della moglie di Donovan. Alan Alda fa invece un cameo).
Un film dalla bella confezione (manco a dirlo), molto suggestivo che - all'inizio soprattutto - fa respirare un'atmosfera retrò quasi magica. Poi si perde un pochino (la risoluzione della questione è troppo prevedibile e frettolosa) e il "marchio Spielberg" consolidato negli anni '80 si fa sentire, con l'eroe americano generoso (alla Frank Capra) che salva i suoi compatrioti.
Nonostante ciò è coinvolgente e piacevole per i suoi meccanismi e la complessità complessiva. Belle le due scene in comparazione sul treno, che strizzano l'occhio allo spettatore, ma funzionano.
La nomination all'Oscar come Miglior Film è meritata, ma la vittoria non lo sarebbe più di tanto. Comunque da vedere. Consigliato (in lingua originale, per carità). 


Voto: ***/***1/2





Il trailer:






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sabato 30 gennaio 2016

IN SALA - Revenant - Redivivo di Alejandro González Iñárritu. Sfida tra uomo e natura tra scenari mozzafiato con un Leonardo DiCaprio in stato di grazia (e un Tom Hardy sempre più bravo). Un gioiello di film

Oggi vi voglio parlare di un film ancora nei cinema. Un film meraviglioso di un regista bravissimo, un vero autore contemporaneo. Con Leonardo DiCaprio protagonista assoluto.
Mi riferisco a Revenant - Redivivo di Alejandro González Iñárritu.
Ecco la recensione [ATTENZIONE, immagini e testo SPOILER]:





Revenant - Redivivo (The Revenant) di Alejandro González Iñárritu del 2015. Con Leonardo DiCaprio, Tom Hardy, Domhnall Gleeson, Forrest Goodluck, Will Poulter, Paul Anderson, Lukas Haas, Duane Howard, Brendan Fletcher, Brad Carter, Kristoffer Joner. (156 min. ca.)
1823, Nord Dakota. Hugh Glass (DiCaprio), cacciatore di pelli, guida della sua truppa, durante la fuga da un attacco degli indiani Arikara viene aggredito e quasi ucciso da un orso grizzly. John Fitzgerald (Hardy), suo "nemico" e approfittatore, invece di eseguire gli ordini del Capitano Andrew Henry e cioè, vegliarlo insieme al giovane Bridger (Poulter), lo abbandona, uccidendo prima Hawk (Goodluck), il figlio adolescente di Glass avuto con un'indiana Pawnee. Per Glass sarà una lotta per la sopravvivenza, tra freddo, fame, ferite infette. Poi, oltre agli Arikara, dovrà stare attento anche allo stesso Fitz: tutti e due sono assetati di vendetta e vogliono ammazzarsi a vicenda. 




















Grande, grandissimo film tratto dal romanzo omonimo e ispirato dalla vita del vero Hugh Glass. La trama è semplice, i tempi sono dilatati, riflessivi, si segue il ritmo della natura. Ed è anche una sfida tra uomo e natura, sul coraggio di un uomo che farebbe di tutto per riportare in vita suo figlio e che vuole rimanere vivo per poter regolare i conti con quel brutale e viscido assassino. 
Fotografia, inquadrature maestose, scenografie, musica penetrante (ma mai invadente di Sakamoto e Alva Noto), montaggio perfetto: tutto serve per creare suggestione, suspense, per raccontare anche quando mancano i dialoghi e c'è poca azione. 
Gli attori sono eccezionali. Un Leonardo DiCaprio in stato di grazia, che per l'appunto, parla poco, si esprime a versi, rantoli, pronuncia poche parole in inglese e molte nella lingua dei Pawnee. Eppure con tutta la sua fisicità e gli sguardi riesce a creare empatia (ad esempio, la scena in cui si distende accanto al figlio morto è commovente senza che dica nulla) e a caratterizzare un personaggio difficilissimo da interpretare. Conciato malissimo, con la barba incolta, sporco, ferito quasi a morte (più e più volte), perciò camuffato, è stato in grado di dargli dignità. Una prova d'attore estenuante e sentita. L'Oscar come Migliore Attore Protagonista sarebbe meritatissimo, finalmente. Fantastico anche Tom Hardy nel ruolo del villain senza scrupoli. Non appare tanto - nei punti salienti della storia - ma regala un'interpretazione convincente. Nomination meritata. Bravo e sempre impeccabile Domhnall Gleeson (questo è l'anno sia di Hardy che di Gleeson: compaiono in tre film nominati agli Oscar in varie categorie). Bravi gli altri. 
Iñárritu dimostra che è possibile con una trama scarna realizzare un cinema di alto livello. Due ore e mezza che non stancano, che coinvolgono, fanno parteggiare per il protagonista. E se qualche forzatura c'è (le varie cadute con Glass che magicamente riesce sempre a cavarsela), beh, di nuovo, è la potenza del cinema che tutto può, è la forza di un racconto che non vuole essere per forza verosimile. 
Sulla "questione" violenza: la pellicola raggiunge picchi quasi splatter sul finale, eppure tutto è coerente. 
Un'esperienza visiva e sensoriale che va vissuta godendo di quanto viene presentato senza farsi troppe domande. Un film che travalica i generi (western, avventura, drammatico?) risultando un'opera solida e impeccabile (e non soltanto virtuosistica fine a se stessa, come era stato detto anche per Birdman*. Ma lì, se il virtuosismo c'era, era voluto). 
Il regista messicano si mette di nuovo in gioco con qualcosa di totalmente nuovo per lui (anche per il budget, il tipo di lavorazione, le difficoltà tecniche) e spiazzante, elettrizzante, magnetico anche per il pubblico. 
Da vedere assolutamente. Consigliatissimo. 

*Mia recensione
Voto: ****





Il trailer:







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venerdì 29 gennaio 2016

IN SALA - Creed - Nato per combattere di Ryan Coogler, film nostalgico ricco di stereotipi di genere, prevedibile e banalissimo. Per i fan della saga Rocky e di Sly

Oggi vi voglio parlare di un film uscito da pochi giorni al cinema. Un film con un'icona del cinema. Un film di puro intrattenimento per i fan del genere e soprattutto del protagonista.
Mi riferisco a Creed - Nato per combattere di Ryan Coogler.
Ecco la recensione:





Creed – Nato per combattere (Creed) di Ryan Coogler del 2015. Con Michael B. Jordan, Sylvester Stallone, Tessa Thompson, Phylicia Rashad, Tony Bellew, Graham McTavish, Wood Harris, Andre Ward, Gabriel Rosado, Ritchie Coster. (133 min. ca.)
donis Creed (Jordan) è figlio di Apollo Creed, uno dei massimi campioni di pugilato morto prematuramente. Anche se con una bella carriera lavorativa, lascia tutto, decide di voler combattere e diventare anche lui un campione. Allora decide di mettersi in contatto con Rocky Balboa (Stallone) e renderlo partecipe. Inizialmente quest'ultimo non accetta di divenire il suo allenatore, ma, vista la grinta e la testardaggine, accetterà e il ragazzo - che nel frattempo si è anche trovato una fidanzata, Bianca (Thompson), musicista - lotterà con tutte le sue forze per arrivare al traguardo. 















Sorta di spin-off o sequel naturale della saga di Rocky, non è niente più e niente meno che questo. Convenzionale in ogni cosa: dalla trama con le vicissitudini personali/familiari, la storia d'amore telefonatissima. 
Poi mettiamoci la malattia del "mito" Rocky e lo spettatore si farà coinvolgere e si commuoverà. 
C'è da ammettere che gli incontri sono ben girati, il montaggio è buono con la musica "Yo! Yo!" hip hop che la fa da padrone e rende qualche scena un videoclip. L'ultimo incontro in particolare è appassionante e ben coreografato. 
Gli attori sono discreti. Michael B. Jordan si impegna, ha la faccia giusta del novellino. Sylvester Stallone (uno dei produttori della pellicola) è - ovviamente - in parte ma non parla, mugugna. Anche lui si impegna, è il suo ruolo, ma non va oltre il discreto (Oscar come Miglior Attore Non Protagonista per lui? Sarebbe un po' esagerato. Meglio un Oscar alla Carriera allora). Bello rivedere sullo schermo Phylicia Rashad (la mamma, Claire, della sitcom anni '80 I Robinson). Insipidina Tessa Thompson. 
Un film nostalgico (compare anche la scalinata, tanto per completare la furbata a tavolino), per i fan della serie (ai quali scenderà anche la lacrimuccia per il povero "Rock" - o "Uncle" - sofferente e protettivo), ma obiettivamente perdibile perché prevedibile, banale, pieno di stereotipi di genere. 
Da vedere solo per curiosità. Sconsigliato.


Voto: **1/2






Il trailer:







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