sabato 23 dicembre 2017

La battaglia dei sessi di Jonathan Dayton e Valerie Faris commedia sportiva/biografica su una vicenda realmente accaduta nei primi anni '70 (e famosissima gara di tennis, che aveva fatto il record di telespettatori). Bel cast, ma il film è piuttosto convenzionale: abbaia ma non morde

Oggi vi voglio parlare di un film recente, uscito nelle sale due mesi fa. Un film diretto da due registi solitamente in gamba che qui dirigono un film sottotono.
Mi riferisco a La battaglia dei sessi di Jonathan Dayton e Valerie Faris.
Ecco la recensione:






La battaglia dei sessi (Battle of the Sexes) di Jonathan Dayton e Valerie Faris del 2017. Con Emma Stone, Steve Carell, Andrea Riseborough, Sarah Silverman, Bill Pullman, Alan Cumming, Elisabeth Shue, Austin Stowell, Natalie Morales, Eric Christian Olsen, Lewis Pullman, Jessica McNamee, Martha MacIsaac, Wallace Langham, Mark Harelik, Fred Armisen, John C. McGinley. (121 min. ca.)
Nel 1973, la campionessa di tennis Billie Jean King (Stone) femminista , contro il sessismo, che si batte per la parità di stipendio degli uomini e delle donne, decide di accettare la sfida di Bobby Riggs (Carell), ex campione e scommettitore maschilista, diventata famosa come "La battaglia dei sessi". Ovviamente chi vincerà lo si sa. La vittoria avrà un grande valore simbolico... 












Film biografico/sportivo lodevole nei toni e per i contenuti (il messaggio che porta con sé è encomiabile e quanto mai attuale), ovviamente tratto da una vicenda realmente accaduta e molto americana - cioè insita in quella determinata mentalità, in quel determinato modo plateale di affrontare le cose, a cui noi non siamo abituati e che ci lascia leggermente di stucco - che mescola con abilità la vita privata della King (con coming out, o quasi, compreso) e con l'ironia da commedia riesce a cavarsela anche nei momenti morti. Parecchi. 
La pellicola risulta ripetitiva nei dialoghi e nelle situazioni, prolissa e talvolta senza mordente, poiché incentrata soprattutto sulla partita finale (piena di tensione, bisogna ammetterlo, con campi e controcampi e una buona simulazione di gara). 
Belle atmosfere anni '70 con fotografia peculiare, ottima la colonna sonora non originale (ossia i brani famosi dell'epoca, quali ad esempio Crimson and Clover o Rocket Man) mentre quella originale di Nicholas Britell è pedante ed invadente. 
Il cast è in parte. Emma Stone (qui brutto anatroccolo esteticamente) è atletica e combattiva: si vede che si impegna e caratterizza un personaggio non facile da inquadrare con forza e carisma. Steve Carell è un perfetto antipatico. 
Bello ritrovare Elisabeth Shue (nei panni della moglie di Riggs) e lo "scomparso" Bill Pullman. Alan Cumming è sempre magnifico. 
Un film che non riesce a staccarsi di dosso quella convenzionalità tipica delle pellicole di genere sportivo/biografico e che viene fagocitato da una prevedibilità che, seppur stemperata dalla suspense di cui sopra, non riesce a soddisfare appieno lo spettatore. 
Ed era altrettanto intuibile fin dal trailer (che non dovrebbe mai essere metro di misura però). Il felice duo di Little Miss Sunshine e Ruby Sparks* qui risulta sottotono, leggermente superficiale. 
Colpa probabilmente di una sceneggiatura garbata e che si rifà a certi canoni ma senza nerbo a sufficienza. 
Ma è comunque una bella storia, da conoscere perché la persona Billie Jean King è interessante. 
Da vedere (in lingua originale per godersi meglio le interpretazioni). Consigliato a metà.

*Mia recensione
Voto: **1/2



I veri King e Riggs





Il trailer:







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giovedì 14 dicembre 2017

Lo and Behold - Internet: il futuro è oggi di Werner Herzog, documentario che riflette e fa riflettere sui pro e i contro della tecnologia dall'invenzione di internet ai nostri giorni. Inquietante, intelligente, sempre acuto e con un ritmo costante

Oggi vi voglio parlare di un'opera recente. Un documentario diretto da un grande autore e regista, che fa molto riflettere.
Mi riferisco a Lo and Behold - Internet: il futuro è oggi di Werner Herzog.
Ecco la recensione:






Lo and Behold - Internet: il futuro è oggi (Lo and Behold, Reveries of the Connected World) di Werner Herzog del 2016. (98 min. ca.)








Documentario sull'impatto che ha la tecnologia sull'esistenza dell'uomo. 
Si parla di internet (anche la dipendenza da questo), di possibili blackout, degli hacker, della robotica. 
Il tutto con uno sguardo critico. Gli argomenti vengono analizzati e confutati, le interviste sono ben montate, c'è ritmo e gli esperti (che siano scienziati o fisici o informatici, ecc....) sono stati selezionati accuratamente in modo da lasciare lo spettatore soddisfatto sì, ma con quel dubbio (le opinioni sono talvolta contrarie, eppure condivisibili) che è proprio dell'essere umano in realtà, perciò diventa una specie di metafora dell'opera stessa. 
Inoltre crea ansia ed inquietudine, vuoi per i temi trattati (in dieci capitoli) che per le immagini così taglienti e provocatorie (esattamente come lo humor dello stesso Herzog, voce narrante tra l'altro nella versione originale), evocative. 
La bellezza di questo documentario, a parte l'armonia, la solidità delle tesi dimostrate, è la capacità di intrattenere ed interessare anche chi è lontano da certi concetti (filosofici, matematici, informatici....), mescolando la storia con pensieri astratti o con testimonianze dirette (come sempre un po' filtrate e rese melodrammatiche e surreali per un certo verso). 
Un piccolo gioiellino che riesce a cambiare lo sguardo sulla tecnologia, fa riflettere, rimanendo a lungo impresso. 
Da vedere assolutamente. Consigliatissimo.


Voto: ****




Il trailer:







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venerdì 24 novembre 2017

Il lenzuolo viola di Nicolas Roeg, thriller psicologico controverso, surreale e disturbante costruito come un puzzle. Con un cast perfetto: a cominciare da Art Garfunkel (proprio lui), sempre a suo agio in ruoli audaci

Oggi vi voglio parlare di un film di parecchi anni fa. Un film molto particolare, diretto da un bravissimo regista, famoso per film inquietanti. Questo non fa eccezione.
Mi riferisco a Il lenzuolo viola di Nicolas Roeg.
Ecco la recensione [ATTENZIONE, immagini forti]:






Il lenzuolo viola (Bad Timing) di Nicolas Roeg del 1980. Con Art Garfunkel, Theresa Russell, Harvey Keitel, Denholm Elliott, Daniel Massey, Dana Gillespie, William Hootkins, Eugene Lipinski, George Roubicek. (122 min. ca.)
Vienna, Guerra Fredda. Alex Linden (Garfunkel) è un professore di psichiatria americano che ha una relazione turbolenta con la studentessa bielorussa Milena (Russell). La ragazza arriva in ospedale in coma dopo aver tentato il suicidio. L'uomo verrà accusato di aver fatto ritardare i soccorsi e di aver abusato di lei quando era ai primi stadi di incoscienza. L'ispettore Netusil (Keitel) cercherà di metterlo alle strette. 

























Thriller psicologico malatissimo, surreale, straniante, visionario e molto controverso per l'epoca (ma anche adesso non è questa passeggiata di salute e crea parecchio disagio nello spettatore). 
Montato come un puzzle, tutto giocato sui flashback che ripercorrono quella notte, è sempre sul filo della tensione tanto da risultare talvolta quasi snervante. 
Dai tempi dilatati, ma per l'appunto, dal ritmo sempre costante, funziona praticamente in tutto: si svela piano piano, è sadico, il regista gode nello scioccare il pubblico - ma questo si sa - mostrando un rapporto morboso-disfunzionale da manuale. 
Il cast è perfetto. Art Garfunkel se la sa davvero cavare come attore (già in Conoscenza carnale* di Mike Nichols, quasi dieci anni prima, si era messo a disposizione di un ruolo forte, audace e qui altrettanto: molto fisico, minimale ma davvero in parte ed espressivo). Theresa Russell all'epoca era in gamba: sensuale, ambigua e adatta ai ruoli particolari. Harvey Keitel - con l'accento austriaco - è sempre perfetto in ogni ruolo che interpreta e di lui sì che si può dire sia sottovalutato. Denholm Elliott compare pochissimo ma ha la faccia giusta dell'uomo "tradito". 
Un film molto europeo, indipendente e dall'atmosfera anni '70. 
Coinvolgente, disturbante, vibrante, con immagini esplicite (anche della sala operatoria) che fa riflettere sul concetto di violenza e sulla dipendenza affettiva e sessuale. 
Ha anche una colonna sonora peculiare che accompagna bene le immagini. 
Ottime le ambientazioni (che vengono sfruttate, come di consueto per Roeg, benissimo). 
Da vedere assolutamente (quando si è dell'umore giusto). Consigliato. 
(Una delle pellicole, a quanto pare, preferite di Isabelle Huppert. Non si stenta a crederlo).

Mia recensione
Voto: ***1/2








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