venerdì 23 febbraio 2018

#Oscar2018 #AcademyAwards2018 - Logan - The Wolverine di James Mangold, film particolare in cui i generi si fondono tra loro. Azione, drammatico, western, fantascienza in un blockbuster inconsueto, tenero e sentito. Con attori perfetti

Oggi vi voglio parlare di un film recente. Un film di fantascienza che sorprendentemente piace anche a chi non ama il genere "supereroi" e "fumettoni".
Mi riferisco a Logan - The Wolverine di James Mangold.
Ecco la recensione:





Logan - The Wolverine (Logan) di James Mangold del 2017. Con Hugh Jackman, Patrick Stewart, Dafne Keen, Richard E. Grant, Boyd Holbrook, Stephen Merchant, Elizabeth Rodriguez, Eriq La Salle, Elise Neal. (137 min. ca.)
2029. Logan/Wolverine (Jackman) notevolmente invecchiato, malato e debole, dovrà aiutare i nuovi mutanti bambini a mettersi in salvo poiché di impedimento per chi li ha creati in laboratorio. Sarà proprio Laura (Keen), anch'essa bambina del gruppo, a guidarlo. 











Film di fantascienza (e terzo capitolo dello spin-off su Wolverine) che riesce a coniugare azione e drammatico travalicando i generi. 
Pieno di violenza e scene parecchio crude, drammatiche, di forte impatto emotivo/visivo (gli effetti speciali sono finalmente usati con criterio), riesce a coinvolgere e a toccare con momenti poetici e di grande cinema (anche la stessa scena finale, seppur si concluda quasi bruscamente, è intensa e di significato). 
L'accurata caratterizzazione dei personaggi fa sì che anche lo spettatore più scettico possa provare empatia per loro. 
È una pellicola che d'altronde può benissimo piacere anche a chi non ama il genere proprio per questi motivi. Inoltre anche gli ambienti sono ben studiati, nulla è lasciato al caso. 
Ottima la colonna sonora con la magnifica The Man Comes Around di Johnny Cash nei titoli di coda. Il ritmo è incalzante e sempre teso. 
Gli attori sono meravigliosi. Hugh Jackman è più in gamba e più espressivo che mai: si vede tutto l'impegno e tutta la sofferenza non soltanto di un "supereroe", ma di un uomo che ha capito il valore delle cose. Patrick Stewart è altrettanto in parte, così invecchiato. Dafne Keen è perfetta per il ruolo della piccola Laura: intensa, appassionata, spontanea. Parla solo con lo sguardo. 
Un film interessante, dolente, sentito, non il solito film fumettone e semplice blockbuster. 
Candidato all'Oscar per la Miglior Sceneggiatura Non Originale
Da vedere. Consigliatissimo. 


Voto: ***1/2








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mercoledì 21 febbraio 2018

#Oscar2018 #AcademyAwards2018 - The Big Sick - Il matrimonio si può evitare... l'amore no di Michael Showalter, commedia sentimentale dolceamara con umorimo tipico del SNL (da dove proviene Nanjiani). Ben scritto, dai dialoghi taglienti e dissacranti. Piacevole nonostante qualche difetto

Oggi vi voglio parlare di un film recente. Un film americano simpatico e scritto molto bene. Una bella commistione tra commedia e dramma.
Mi riferisco a The Big Sick - Il matrimonio si può evitare... l'amore no di Michael Showalter.
Ecco la recensione:






The Big Sick - Il matrimonio si può evitare... l'amore no (The Big Sick) di Michael Showalter del 2017. Con Kumail Nanjiani, Zoe Kazan, Holly Hunter, Ray Romano, Adeel Akhtar, Zenobia Shroff, Bo Burnham, Anupam Kher, Aidy Bryant, Kurt Braunohler, Rebecca Naomi Jones, Vella Lovell, Shenaz Treasury, David Alan Grier, Linda Emond. (120 min. ca.)
Kumail Nanjiani (Nanjiani) è un aspirante comico di stand-up comedy di origine pakistana che arrotonda facendo l'autista Uber. Ha una famiglia tradizionalista, che vuole per lui un lavoro redditizio e un matrimonio combinato come si confà nel suo Paese. Ma Kumail ad uno dei sui spettacoli conosce la vivace ed eccentrica Emily (Kazan) e se ne innamora, ricambiato. La ragazza però scopre del matrimonio combinato e nel frattempo si ammala gravemente... 


















Commedia sentimentale autobiografica scritta dallo stesso Nanjiani con la moglie Emily che con l'umorismo veloce e demenziale da SNL (Saturday Night Live), - da dove proviene cioè lo stesso protagonista - racconta sì una storia d'amore ma scherza anche con le differenze culturali e religiose, sui cliché, i pregiudizi e sulle malattie. 
È dissacrante e ha dialoghi simpatici e dal buon ritmo. 
Gli attori sono tutti in parte. Dallo stesso Kumail Nanjiani alla dolce Zoe Kazan che si dimostra una spalla comica adorabile ed espressiva, da un Ray Romano quasi irriconoscibile ma davvero in gamba nei panni del padre di Emily a una Holly Hunter che ha sempre una verve incredibile e un accento terribile (è eccezionale, nulla da dire). Bravi anche tutti gli altri. 
Nonostante le situazioni sembrino forzate non essendo facile mantenere lo humor sempre alle stelle anche parlando di argomenti seri, riesce a mantenere l'equilibrio, a coinvolgere e a divertire. 
La regia è discreta, ma giustamente quello che interessa qui è la scrittura e la nomination all'Oscar come Miglior Sceneggiatura Originale non stupisce. 
Qualche momento stucchevole e un finale non proprio coraggioso (ma se le cose sono andate così nella realtà - o quasi, insomma - giustamente le hanno mantenute, in più è una commedia romantica e ci si aspettano certi stereotipi narrativi) e con parecchie ingenuità, eppure è un film dolceamaro (con un cinismo tagliente talvolta) che potrebbe divertire chi apprezza il nonsense e le battute per l'appunto da stand-up comedy senza troppe pretese, ma non del tutto stupide, anzi. 
Da vedere rigorosamente in lingua originale. Consigliato (anche se non piacerà sicuramente a tutti). 


Voto: ***




Il trailer:







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lunedì 19 febbraio 2018

#Oscar2018 #AcademyAwards2018 - Wonder di Stephen Chbosky, commedia drammatica che tratta il delicato tema del bullismo con sensibilità, ironia e positività. Tuttavia è anche vittima dei cliché di genere per cui un film troppo edulcorato soprattutto nel finale e soprattutto strappalacrime. Comunque è educativo e tanto basta se il messaggio arriva

Oggi vi voglio parlare di un film recente. Un film drammatico/commedia diretto da un regista sensibile alle tematiche della "diversità". Ha avuto molto successo e se ne comprende il motivo.
Mi riferisco a Wonder di Stephen Chbosky.
Ecco la recensione:






Wonder di Stephen Chbosky del 2017. Con Julia Roberts, Owen Wilson, Jacob Tremblay, Izabela Vidovic, Mandy Patinkin, Daveed Diggs, Noah Jupel, Danielle Rose Russell, Nadji Jeter, Millie Davisd, Ali Liebert, Elle McKinnon, Bryce Gheisar, James Hughes, Ty Consiglio, Kyle Harrison Breitkopf, Crystal Lowe, Sônia Braga. (113 min. ca.)
August "Auggie" Pullman (Tremblay) è un ragazzino di undici anni nato con una malformazione facciale (Sindrome di Treacher Collins) che deve andare per la prima volta a scuola aver ricevuto soltanto l'istruzione domiciliare: i genitori, soprattutto la madre (Roberts), l'hanno sempre protetto per paura che l'interazione con gli altri gli procurasse sofferenza. Ma ora Auggie dovrà affrontare la realtà e cercare di farsi amici anche chi lo vede come un mostro. 














Commedia drammatica educativa e toccante contro la discriminazione e il bullismo, tratta dall'omonimo romanzo di R. J. Palacio. 
Positiva, piena di vitalità e un pizzico di ironia nonostante il tema sia così delicato e serio, colpisce anche per l'aver rappresentato i sentimenti della sorella maggiore (una bravissima Vidovic), messa da parte dai genitori non appena Auggie è nato (giustamente per seguire i suoi problemi, ma chi pensa a lei?). 
Tuttavia è un film anche troppo ricattatorio, che sferra colpi bassi per commuovere e usa tutti gli elementi possibili, tutti i cliché per far sì che lo spettatore venga travolto dalla vicenda. Niente di male ed è ciò che ci si aspetta (inoltre di queste tematiche non si parla quasi mai al cinema, quindi tanto di cappello), tuttavia la sensazione è quella di prendere visione di un film per un target circoscritto. 
Se all'inizio le difficoltà sono verosimili (e chi è stato vittima di bullismo ci si riconoscerà), poi però tutto diventa troppo edulcorato, troppo buonista e perfino un po' irritante ed utopico nel finale solito con applausi e "vogliamoci bene". 
La colpa non è da imputare a Chbosky (che pure è sempre bravo a ricamare storie su ragazzi in difficoltà a rapportarsi col mondo in modo furbetto. Noi siamo infinito* insegna), quanto all'opera originale. 
Rimane comunque una pellicola ben girata, con bravi attori. Jason Tremblay si conferma davvero sensibile: tutto truccato (la nomination all'Oscar è piuttosto meritata, per il trucco) ma molto intenso. Julia Roberts negli anni ha "imparato" a recitare. E bene. La suddetta Izabela Vidovic è in gamba (ha una scena madre appositamente per lei e, come menzionato, per far lacrimare). Owen Wilson sembra sempre leggermente finto e sulle spine, ma come al solito simpatico. Mandy Patinkin nel ruolo del preside comprensivo è perfetto. Gli altri ragazzini sono in parte e credibili. 
Un film da apprezzare ma da prendere con le pinze. Sicuramente fa riflettere e dovrebbe essere proiettato nelle scuole e soprattutto dovrebbero vederlo i genitori con i figli per insegnar loro il rispetto degli altri, anche per chi sembra (e basta) diverso. Consigliato.


*Mia recensione
Voto: *** 





Il trailer:







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venerdì 16 febbraio 2018

#Oscar2018 #AcademyAwards2018 - Una donna fantastica di Sebastián Lelio, film drammatico scelto per rappresentare il Cile ai prossimi Oscar. Contro i pregiudizi e la transfobia, con una protagonista perfetta

Oggi vi voglio parlare di un film recente. Un film cileno che concorrerà per il Premio Oscar come Miglior Film Straniero.
Mi riferisco a Una donna fantastica di Sebastián Lelio.
Ecco la recensione:






Una donna fantastica (Una mujer fantástica) di Sebastián Lelio del 2017. Con Daniela Vega, Francisco Reyes, Luis Gnecco, Aline Küppenheim, Nicolás Saavedra, Amparo Noguera, Trinidad González, Néstor Cantillana, Alejandro Goic, Antonia Zegers, Sergio Hernández, Roberto Farias, Diana Cassis. (100 min. ca.)
Marina Vidal (Vega) è una cameriera e cantate di pianobar che convive con Orlando (Reyes), più vecchio di lei. Una notte, dopo aver festeggiato il compleanno di lei, Orlando ha un malore e nonostante venga accompagnato immediatamente all'ospedale dalla compagna, morirà poco dopo. Marina verrà vista con sospetto e ripudiata con violenza dai familiari dell'uomo per un motivo ben preciso: è una trans e perciò il suo bel rapporto d'amore con Orlando verrà giudicato dagli altri solo esclusivamente come una perversione (tranne pochi rari casi).







Film drammatico che ha avuto molto successo a Berlino, prodotto, tra gli altri, da Pablo Larraín, e scelto per rappresentare il Cile agli Oscar (anche se è, per l'appunto, co-prodotto).
Straziante, crudo, brutale ed intenso, ha una protagonista (realmente trans e veramente una cantante lirica) non soltanto in parte, ma che sembra capire talmente tanto il suo personaggio (probabilmente deve aver subito dei trattamenti omofobi e ignoranti sulla sua stessa pelle), da renderlo vivo, presente e quantomai potente.
Molte scene sono quasi insostenibili, altre di una dolcezza commovente.
È una pellicola necessaria (e attuale, dato che si parla spesso di questo nuovo termine: "trasfobia").
Una storia d'amore come tutte le altre, che racconta una vicenda plausibile, ma che fa riflettere e coinvolge e cattura per la forza di andare avanti che ha la protagonista, nonostante tutto.
Qualche difetto è presente: il non seguire certe sottotrame, come la pista "poliziesca" con le varie indagini che cadono nel dimenticatoio dopo un po' senza che lo spettatore possa comprenderne l'evoluzione. Presumibilmente ci sarebbe stata troppa carne al fuoco ed era difficile da districarsi a livello di sceneggiatura e da scandagliare, ma quando si racconta una cosa la si dovrebbe portare avanti dall'inizio alla fine, non lasciarla in sospeso.
Tuttavia, rimane un film toccante, diretto, senza fronzoli pur avendo uno stile personale che alterna momenti grotteschi/surreali ad altri che arrivano subito dopo come pugni allo stomaco.
Interessante e contro i pregiudizi.
Da vedere. Consigliato.



Voto: ***/***1/2









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