sabato 11 giugno 2016

High Art di Lisa Cholodenko, film drammatico su una storia d'amore tra due donne che bazzicano il mondo della fotografia. Simile per le dinamiche (in un contesto totalmente diverso) al capolavoro di Todd Haynes Carol, è un film molto libero fino all'ultima mezz'oretta meno bilanciata e tirata via. Brave le due protagoniste (soprattutto Ally Sheedy)

Oggi vi voglio parlare di un fil di parecchi anni fa. Un film pressoché sconosciuto di una brava regista (che ha dato il suo massimo con la miniserie capolavoro Olive Kitteridge, probabilmente).
Mi riferisco a High Art di Lisa Cholodenko.
Ecco la recensione:





High Art di Lisa Cholodenko del 1998. Con Ally Sheedy, Radha Mitchell, Patricia Clarkson, Tammy Grimes, Gabriel Mann, Anh Duong, Bill Sage, David Thornton. (101 min. ca.)
Syd (Mitchell) è un'assistente redattrice presso la rivista di fotografia "Frame" e vive con James (Mann). Per una perdita d'acqua dal soffitto, conosce l'inquilina del piano di sopra, Lucy Berliner (Sheedy), una fotografa famosa qualche anno prima che per vari problemi ha lasciato perdere le pubblicazioni e adesso si barcamena come può facendosi di cocaina, con l'intenzione però di venirne fuori e di tirar fuori anche Greta (Clarkson), ex attrice e sua amante. Tra le due è subito sintonia. Syd le procura anche un ingaggio per la rivista, fanno un viaggio per un weekend insieme e sembrano essere seriamente innamorate. Ma ritornare alla "normalità" sarà difficile. 















Film drammatico/sentimentale che parla di una storia d'amore omosessuale dalle prime fasi di questo innamoramento. 
Le dinamiche sono simili al recente capolavoro di Todd Haynes Carol* sia per il lavoro di una delle due protagoniste (la mora Sheedy vs. Mara) che per le dinamiche: Syd ancora non aveva avuto esperienze di questo tipo e ha una relazione di circostanza con un uomo, esattamente come Therese. In più c'è una bella differenza d'età anche tra Syd e Lucy. Inoltre la "scoperta", i litigi col fidanzato sono più o meno uguali. 
Ovviamente questa pellicola è molto più grezza (nel senso buono del termine), più naturale (con scene - non di sesso in verità, quanto di consumo di droga - decisamente più esplicite), sanguigna e davvero realistica durante la prima ora: si percepiscono esattamente le sensazioni delle due, si capiscono i turbamenti, le indecisioni. 
Ally Sheedy regala forse una delle sue migliori performance (lei stessa ha affermato che è il ruolo che sente più suo, più vicino): viscerale, appassionata, senza imbarazzo, molto spontanea. Più impacciata Radha Mitchell. La sua interpretazione è altalenante, eppure in alcune scene è molto intensa. Ottima come sempre Patricia Clarkson, nel ruolo di una donna ormai del tutto irrecuperabile che finisce per compromettere anche Lucy. 
Ed è appunto il finale la parte meno riuscita. Se fino a poco prima la vicenda era stata rappresentata senza sotterfugi e con l'utilizzo di cliché in modo intelligente, ecco che avviene il crollo: la separazione forzata, la sofferenza, il pessimismo e addirittura la morte che per cercare di sublimare la storia. O forse, è il caso di ammettere, come è stato detto più volte nei vari panel con il cast di Carol, che allora non si era ancora pronti per un happy end per una coppia lesbica (o gay che fosse): era necessario che il rapporto venisse troncato sul nascere. Le logiche commerciali non c'entrano, essendo una pellicola smaccatamente indipendente (anche se è stata presentata a Cannes). 
La Cholodenko si rifarà con I ragazzi stanno bene* (lì il finale invece era un po' troppo edulcorato) del 2010. 
Insomma, la regista (autrice del soggetto e della sceneggiatura) non è riuscita a bilanciare del tutto le due parti. 
Un peccato, perché pareva un film libero e anticonvenzionale al primo impatto. 
Certo, rimane comunque coraggioso, coinvolge davvero e non è neanche così ricattatorio, ma qualcosa stride. 
Comunque da vedere. Consigliato. 

*Mie recensioni
Voto: ***






Il trailer:






Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?










  


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