Mi riferisco a L'amore è una cosa meravigliosa di Henry King.
Ecco la recensione:
L'amore è una cosa meravigliosa (Love is a Many-Splendored Thing)
di Henry King del 1955. Con William Holden, Jennifer Jones, Torin
Thatcher, Isobel Elsom, Richard Loo. (102 min. ca.)
Anni '50, Hong Kong. Han Suyin
(Jones) è una dottoressa anglo-cinese che si è ripromessa di non
innamorarsi più e di dedicarsi soltanto al lavoro da quando è
rimasta vedova. Mark Elliott (Holden) è un giornalista
corrispondente americano sposato (anche se il rapporto con la moglie
è in crisi). Si innamorano e decidono di sposarsi, ma la famiglia di
lei sembra contraria e la moglie di Mark rifiuta di concedergli il
divorzio. Loro continuano imperterriti a frequentarsi accontentandosi
di quei pochi momenti. La tragedia è dietro l'angolo.
Melodrammone sentimentale classico hollywoodiano con due star scelte tra le
varie proposte della 20th Century Fox.
Già nei titoli di testa si
può sentire il famosissimo tema portante composto da Alfred Newman
(mentre nei titoli di coda si sente la canzone vera e propria - dal
titolo omonimo del film in lingua originale - scritta da Paul Francis
Webster e da Sammy Fain).
Se all'inizio la vicenda coinvolge, cattura
e affascina per l'ambientazione (ottime le scenografie) e per alcune
scene realmente azzeccate e intriganti (quella in spiaggia di sera,
con William Holden che avvicina la sua sigaretta a quella della Jones
per accendergliela ed è come se si baciassero), se può apparire
provocatorio e in qualche modo trasgressivo (con tutte le virgolette
del caso) e pepato per il modo in cui i personaggi parlano con
naturalezza di relazioni extraconiugali (soprattutto la vecchia amica
di lei), dopo una cinquantina di minuti lo spettatore capisce che in
realtà l'opera si appoggia sugli stereotipi e convenzioni veramente
irritanti.
Suyin diventa sempre più svenevole nel momento in cui
ammette di essere innamorata e abbassa le difese. E Jennifer Jones
accentua questo difetto (anzi, cliché) con una recitazione enfatica,
affettata. William Holden mantiene invece il suo solito aplomb, ma lo
tradiscono le battute stucchevoli (la sua voce fuori campo è la
ciliegina sulla torta).
I dialoghi sono telefonatissimi, imbarazzanti
addirittura. La regia fa il suo dovere, si adegua. La fotografia dona
quel tocco di suggestione, ma è tutto il resto a non funzionare (se
non forse all'epoca della sua uscita).
L'epilogo, per quanto non
felice, rimarca ancora una volta i difetti di cui sopra, con una
Jennifer Jones trasognata ed involontariamente ridicola.
Un film
irritante, un polpettone indigesto, un cult nel suo genere (vincitore
di tre Oscar tra l'altro). Eppure, ancora una volta, il cinema di
Douglas Sirk (per quante disgrazie e cliché usasse) era un'altra
cosa. Qui manca l'eleganza, la vera ricerca, lo stile d'autore che
piace alle massaie che guardano le soap opera ma che accontenta anche
i critici.
Da vedere per curiosità.
Voto: **1/2
Il trailer:
Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?
Chiunque volesse prendere le recensioni citi questo blog. Riproduzione riservata
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