venerdì 24 novembre 2017

Il lenzuolo viola di Nicolas Roeg, thriller psicologico controverso, surreale e disturbante costruito come un puzzle. Con un cast perfetto: a cominciare da Art Garfunkel (proprio lui), sempre a suo agio in ruoli audaci

Oggi vi voglio parlare di un film di parecchi anni fa. Un film molto particolare, diretto da un bravissimo regista, famoso per film inquietanti. Questo non fa eccezione.
Mi riferisco a Il lenzuolo viola di Nicolas Roeg.
Ecco la recensione [ATTENZIONE, immagini forti]:






Il lenzuolo viola (Bad Timing) di Nicolas Roeg del 1980. Con Art Garfunkel, Theresa Russell, Harvey Keitel, Denholm Elliott, Daniel Massey, Dana Gillespie, William Hootkins, Eugene Lipinski, George Roubicek. (122 min. ca.)
Vienna, Guerra Fredda. Alex Linden (Garfunkel) è un professore di psichiatria americano che ha una relazione turbolenta con la studentessa bielorussa Milena (Russell). La ragazza arriva in ospedale in coma dopo aver tentato il suicidio. L'uomo verrà accusato di aver fatto ritardare i soccorsi e di aver abusato di lei quando era ai primi stadi di incoscienza. L'ispettore Netusil (Keitel) cercherà di metterlo alle strette. 

























Thriller psicologico malatissimo, surreale, straniante, visionario e molto controverso per l'epoca (ma anche adesso non è questa passeggiata di salute e crea parecchio disagio nello spettatore). 
Montato come un puzzle, tutto giocato sui flashback che ripercorrono quella notte, è sempre sul filo della tensione tanto da risultare talvolta quasi snervante. 
Dai tempi dilatati, ma per l'appunto, dal ritmo sempre costante, funziona praticamente in tutto: si svela piano piano, è sadico, il regista gode nello scioccare il pubblico - ma questo si sa - mostrando un rapporto morboso-disfunzionale da manuale. 
Il cast è perfetto. Art Garfunkel se la sa davvero cavare come attore (già in Conoscenza carnale* di Mike Nichols, quasi dieci anni prima, si era messo a disposizione di un ruolo forte, audace e qui altrettanto: molto fisico, minimale ma davvero in parte ed espressivo). Theresa Russell all'epoca era in gamba: sensuale, ambigua e adatta ai ruoli particolari. Harvey Keitel - con l'accento austriaco - è sempre perfetto in ogni ruolo che interpreta e di lui sì che si può dire sia sottovalutato. Denholm Elliott compare pochissimo ma ha la faccia giusta dell'uomo "tradito". 
Un film molto europeo, indipendente e dall'atmosfera anni '70. 
Coinvolgente, disturbante, vibrante, con immagini esplicite (anche della sala operatoria) che fa riflettere sul concetto di violenza e sulla dipendenza affettiva e sessuale. 
Ha anche una colonna sonora peculiare che accompagna bene le immagini. 
Ottime le ambientazioni (che vengono sfruttate, come di consueto per Roeg, benissimo). 
Da vedere assolutamente (quando si è dell'umore giusto). Consigliato. 
(Una delle pellicole, a quanto pare, preferite di Isabelle Huppert. Non si stenta a crederlo).

Mia recensione
Voto: ***1/2








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mercoledì 22 novembre 2017

IN SALA - Finché c'è Prosecco c'è speranza di Antonio Padovan, giallo/noir e molta commedia in un'ambientazione suggestiva e con un cast azzeccato: su tutti - il sempre eccezionale - Giuseppe Battiston, protagonista della vicenda

Oggi vi voglio parlare di un altro film. Un film in questi giorni nelle sale (venete). Un giallo ben diretto e ben interpretato.
Mi riferisco a Finché c'è Prosecco c'è speranza di Antonio Padovan.
Ecco la recensione:






Finché c'è Prosecco c'è speranza di Antonio Padovan del 2017. Con Giuseppe Battiston, Teco Celio, Liz Solari, Roberto Citran, Silvia D'amico, Babak Karimi, Gisella Burinato, Rade Serbedzija. (101 min. ca.)
Paesetto in provincia di Treviso tra le colline del Prosecco. L'ispettore Stucky (Battiston) deve far luce sul suicidio del vinicultore e conte Desiderio Ancillotto (Serbedzija) a cui seguono però altre morti... per omicidio. Chi sta mettendo le mani sulla felicità della campagna trevigiana? 









Film basato sul romanzo omonimo di Fulvio Ervas, è un giallo/noir all'italiana che ha tutti gli elementi per piacere: una bella ambientazione che parla da sola, un protagonista adorabile e "involontariamente" simpatico poiché cinico e impacciato, interpretato da un sempre in gamba Giuseppe Battiston; lo scemo/il matto del villaggio, il cimitero "misterioso", una villa in eredità. 
E i toni ironici. 
Antonio Padovan mette in scena una farsa, una commedia leggera leggera ma ben girata, con panoramiche mozzafiato e un sapiente uso degli indizi, disseminati qua e là. 
Il cast, oltre a Battiston, è realmente in parte. Da Roberto Citran a Rade Serbedzija, da Teco Celio al grande Babak Karimi (il quale ha lavorato anche con Asghar Farhadi). Tutti hanno un ruolo calzante. 
Ed inoltre, cosa rara, viene messo in evidenza lo "spirito" veneto - non si intende soltanto l'alcol con questo termine, quanto i modi di fare genuini e spontanei - che solitamente viene sempre deriso, mortificato. In questo caso invece si percepisce di star vedendo un film realizzato con amore - e con genuinità - da un veneto che ama il Veneto. 
Il quale pure non tralascia di raccontare gli affari loschi che si possono celare anche in un posto apparentemente senza macchia, ovviamente restando coerente col genere trattato (non ci si aspetti una pellicola di denuncia). 
Un giallo che diverte senza tante pretese: non un capolavoro, certo, ma molto coinvolgente e amabile, come un buon vino (Prosecco?). 
Da vedere. Consigliato.


Voto: *** (Per l'impegno)









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A distanza ravvicinata di James Foley, dramma noir ben scritto, con una regia molto ispirata e un cast perfetto che vede protagonisti un giovane - ma già bravo - Sean Penn e il grande Christopher Walken

Oggi vi voglio parlare di un film di parecchi anni fa. Un film drammatico diretto da un regista molto interessante che negli ultimi anni ha fatto delle scelte discutibili. Qui ha una bella storia e un cast perfetto.
Mi riferisco ad A distanza ravvicinata di James Foley.
Ecco la recensione:







A distanza ravvicinata (At Close Range) di James Foley del 1986. Con Sean Penn, Christopher Walken, Mary Stuart Masterson, Chris Penn, Millie Perkins, Eileen Ryan, Tracey Walter, David Strathairn, Candy Clark, Kiefer Sutherland, Crispin Glover, Stephen Geoffreys. (111 min. ca.)
Pennsylvenia. Brad Whitewood Jr. (Penn) è un giovane scavezzacollo figlio di cotanto padre (Walken), noto criminale. Si innamorerà di Terry (Masterson) e deciderà di lavorare col ritrovato padre per poter guadagnare qualche spicciolo. Quando si accorgerà delle attività e della cattiva condotta del genitore, deciderà di tirarsene fuori e fare le cose per conto proprio. Sarà troppo tardi. 


















Film drammatico ispirato ad un criminale riealmente esistito. 
Ben scritto da Nicholas Kazan e con una regia non solo peculiare, ma creativa, ricca di espedienti visivi che creano molta suggestione, ha come protagonista un Sean Penn che già dimostrava di essere in gamba (seppure ancora immaturo), tanto da dare del filo da torcere a Christopher Walken. Nei panni del fratello del protagonista c'è il compianto Chris Penn, vero fratello di Sean. 
Interessante commistione di noir moderno e dramma, riesce a creare la giusta tensione e il giusto pathos nonostante la trama sia piuttosto prevedibile da un certo punto in poi. 
Molto piacevole anche la colonna sonora (che introduce ad esempio il personaggio di Brad e di Terry con una bella atmosfera) scritta da Patrick Leonard e che vede la collaborazione con Madonna - allora moglie di Penn - per la canzone Live to Tell
Un film particolare, dai toni un po' malinconici e caratterizzato da scene inaspettatamente crude. 
Da vedere assolutamente (meglio in lingua originale). Consigliatissimo. 


Voto: ***1/2





Il trailer:







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