Mi riferisco a Keane di Lodge Kerrigan.
Ecco a recensione:
Keane di Lodge Kerrigan del 2004.
Con Damian Lewis, Abigail Breslin, Amy Ryan. (100 min. ca.)
William Keane (Lewis) è
un uomo affetto da schizofrenia (o comunque con qualche disturbo
mentale, forse da bipolarismo. Non viene mai detto esplicitamente)
che vaga per la metro di Manhattan cercando e chiedendo ai passanti
se hanno visto la figlia di sette anni, scomparsa da qualche mese.
Vive in uno squallido albergo e fa avanti ed indietro ogni giorno,
parlando da solo, dando sfogo a pianti e crisi varie. Saltuariamente
si fa di cocaina e lo si vede avere un rapporto sessuale con una
sconosciuta in un nightclub. Nel frattempo, in hotel, conosce Lynn
(Ryan) e sua figlia Kira (Breslin) della stessa età della
figlioletta. Pagherà per loro anche una quota d'affitto e riuscirà
a passare dei bei momenti insieme alla bambina (che gli verrà
affidata per un giorno dalla stessa Lynn perché questa va a trovare
il merito e si informa per poter tornare a casa). Tenterà di
rapirla, poi di lasciarla da sola a perdersi. Alla fine dovrà fare i
conti con se stesso, con il suo senso di responsabilità e con l'affetto che prova per la stessa Kira.
Film thriller anomalo a bassissimo costo, girato in trentadue giorni con camera a
spalla in ambienti pieni di gente che per forza di cose doveva
passare e che a volte rovinava le scene (che perciò venivano ripetute
mille volte).
Molto realistico, claustrofobico e recitato divinamente
da Damian Lewis, che anche qui, come nella serie Homeland,
si trova a suo agio in ruoli ambigui e malati. La facilità con cui
interpreta Keane è sbalorditiva. Passa dal pianto al sorriso, si
dimostra un momento prima inquietante e inaffidabile e un momento
dopo lo si vede riuscire a badare a Kira (Abigail Breslin
era ancora carina): straordinario e credibile, da brivido.
La storia
rimane aperta a più interpretazioni: scapperà con la bambina o la
riporterà dalla madre? Un altro quesito che lo spettatore si pone è
la veridicità della scomparsa della figlia Sophie: lo vediamo che
raccoglie articoli di giornale, lo vediamo/sentiamo anche telefonare
a casa di una donna; lui stesso nelle sue farneticazioni ripete di
avere una figlia ma non si sa se sia vero o se sia solo frutto della
sua mente. Che sia una persona sola però è appurato. Una persona
che vuole sentirsi utile e (forse) vuole cercare di esorcizzare la
perdita della fantomatica figlia. Un uomo che si sente diverso per la
sua malattia e fa di tutto per sembrare normale agli occhi degli
altri ma non sempre ci riesce.
E' una pellicola semplice ma che per i
motivi di cui sopra si capisce che è stata realizzata con cognizione
di causa.
Ovviamente senza un attore come Lewis perderebbe molto
(inoltre è praticamente sempre sullo schermo ed è riuscito a dare
talmente tante sfumature ad un personaggio che sulla carta di sicuro
sarà stato più piatto), però il regista ha polso e anche se la
sceneggiatura non è niente di che - semplicissima, minimale -, riesce a creare una suspance che
convince.
Brava anche la sempre poco lodata Amy Ryan in un
piccolissimo ruolo ma interpretato con la giusta sensibilità.
Qualche scena forte per sesso, uso di droga e linguaggio pesante
(nonché per le crisi di William). Prodotto da Steven Soderbergh.
Da
vedere anche soltanto per curiosità. Consigliato.
Voto: ***1/2 (Per l'impegno)
Il trailer:
Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?
Chiunque volesse prendere le recensioni citi questo blog. Riproduzione riservata
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