Mi riferisco a Still Alice di Richard Glatzer e Wash Westmoreland.
Ecco la recensione:
Still Alice di Richard Glatzer e
Wash Westmoreland del 2014. Con Julianne Moore, Kristen Stewart, Kate
Bosworth, Alec Baldwin, Hunter Parrish. (99 min. ca.)
Alice Howland (Moore) è una
affermata linguista e insegna alla Columbia University di New York.
Ha appena compiuto cinquant'anni. È sposata con John (Baldwin) e ha
tre figli ormai adulti: Anna (Bosworth), Tom (Parrish) e Lydia
(Stewart). Non le manca niente, sembra essere felice ma di tanto in
tanto ha dei momenti di vuoto, annebbiamenti che non le permettono di
riconoscere un posto o di ricordarsi un particolare vocabolo.
Preoccupata va dal neurologo e dopo vari esami la diagnosi è
brutale: soffre di una forma precoce (genetica, perciò ereditario)
di Alzheimer (tra l'altro la più veloce nell'evoluzione). Presa
coscienza della malattia Alice deve far fronte all'inevitabile
declino mentale e fisico. Ovviamente verrà coinvolta la famiglia che
cercherà di starle accanto più che mai. E paradossalmente alcuni
rapporti si rafforzeranno (quelli con la figlia minore soprattutto).
Adattamento del romanzo omonimo (in italiano Perdersi)
della neuroscienziata Lisa Genova, è un film molto struggente ma non
pietistico né troppo melenso e sentimentale, che racconta con
lucidità e verosimiglianza la battaglia della protagonista.
Lei
stessa afferma durante una conferenza che non soffre ma combatte. E
così ci viene mostrata. Almeno nelle fasi iniziali, perché poi il
decorso del morbo non le lascia scampo. La progressione degli eventi viene messa in scena
senza forzature e con naturalezza. Dallo
sentirsi spaesata, confusa, smarrita, al non sapere come comportarsi:
cosa che alla fine, in un certo senso si riflette anche sui familiari che
sono spaventati. All'inizio cercano di spronarla anche bruscamente,
minimizzando, ma poi si devono arrendere e ciò che possono fare è
solo farla sentire amata (per quanto Alice possa capirlo).
Avviene
una vera e propria ridefinizione di famiglia, la quale, volente o
nolente deve prendersi carico delle cure.
La perdita dell'identità è
un altro punto cruciale. Questa donna così forte, intelligente ed
orgogliosa, che vuole il meglio per i suoi cari, non sa più chi è,
non sa più cosa fare della sua vita, cerca di aggrapparsi ai
ricordi, di fare esercizi per la memoria - e di rimanere il più possibile se stessa - ma la malattia è più forte
e finisce per renderla una persona fragile ed indifesa.
In questo la
regia è stata eccezionale nel non calcare troppo la mano rendendo
tutto patetico e strappalacrime ma dosando i vari ingredienti
(logicamente ci si commuove ma è una commozione doverosa per
l'empatia che si prova per il personaggio di Alice, non è imposto).
Vengono usati espedienti come la ripresa in soggettiva o l'effetto
sfocato che ben rendono l'idea di cosa sta accadendo alla mente della
protagonista.
In tutto questo Julianne Moore è strepitosa. La sua
interpretazione è intensa ma al contempo delicata, mai sopra le
righe (e molte volte, non soltanto in passato, per i personaggi che
ha interpretato, lo è stata), molto sentita e credibile. Si è
documentata, ha parlato con le persone dell'Alzheimer Association e
ha frequentato i gruppi di sostegno e si vede. Ogni cosa è
soppesata. Ogni movimento, ogni sguardo perso nel vuoto, alla ricerca
di un appiglio o di paura non è mai fuori posto. È davvero una
delle più belle performance della sua carriera, l'Oscar è
meritatissimo. Alec Baldwin - espressamente voluto dalla Moore - è
convincente nel ruolo di un marito innamorato che si trova a dover
gestire una situazione tanto improvvisa quanto senza scampo. Bisogna
riconoscere che è stato all'altezza come poche volte. Kate Bosworth
è stata altrettanto brava nel ruolo della figlia preferita che si
ritroverà coinvolta a sua volta dalla malattia per una questione
ereditaria. Kristen Stewart si riconferma una bravissima attrice: ha
molte scene di interazione con Julianne Moore sia prima dei
sintomi iniziali del morbo e quando l'Alzheimer mostra definitivamente il suo volto, ed è sempre convincente. Magari non avrà una mobilità
facciale strepitosa ma il modo in cui dice le battute è senza
sbavature. Si sente che ci tiene ed è in parte. Brillante.
La
sceneggiatura è solida anche per le dinamiche familiari, la colonna
sonora accompagna e crea suggestione, non prevarica come solitamente
succede nei film drammatici o che parlano di problemi fisici.
Un film
toccante, coinvolgente, che racconta una piccola storia ma con cura,
attenzione e sensibilità. Da vedere assolutamente (ma in lingua
originale). Consigliatissimo.
(Purtroppo il regista Richard Glatzer,
ammalato di SLA, è morto a marzo di quest'anno e durante le riprese
comunicava solo attraverso un iPad).
Voto: ***1/2
Il trailer:
Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?
Chiunque volesse prendere le recensioni citi questo blog. Riproduzione riservata
Chiunque volesse prendere le recensioni citi questo blog. Riproduzione riservata
Nessun commento:
Posta un commento