domenica 24 maggio 2015

Still Alice di Richard Glatzer e Wash Westmoreland, film sulla drammatica vicenda di una donna che si ritrova ad affrontare una forma precoce di Alzheimer e di come la malattia finisca per coinvolgere tutta la famiglia. Diretto con cura e delicatezza, ha come protagonista una strepitosa Julianne Moore che per questo ruolo ha vinto recentemente l'Oscar come Migliore Attrice

Oggi vi voglio parlare di un film recente. Un film doloroso ma realizzato con molta sensibilità con una protagonista che ha vinto l'Oscar.
Mi riferisco a Still Alice di Richard Glatzer e Wash Westmoreland.
Ecco la recensione:





Still Alice di Richard Glatzer e Wash Westmoreland del 2014. Con Julianne Moore, Kristen Stewart, Kate Bosworth, Alec Baldwin, Hunter Parrish. (99 min. ca.)
Alice Howland (Moore) è una affermata linguista e insegna alla Columbia University di New York. Ha appena compiuto cinquant'anni. È sposata con John (Baldwin) e ha tre figli ormai adulti: Anna (Bosworth), Tom (Parrish) e Lydia (Stewart). Non le manca niente, sembra essere felice ma di tanto in tanto ha dei momenti di vuoto, annebbiamenti che non le permettono di riconoscere un posto o di ricordarsi un particolare vocabolo. Preoccupata va dal neurologo e dopo vari esami la diagnosi è brutale: soffre di una forma precoce (genetica, perciò ereditario) di Alzheimer (tra l'altro la più veloce nell'evoluzione). Presa coscienza della malattia Alice deve far fronte all'inevitabile declino mentale e fisico. Ovviamente verrà coinvolta la famiglia che cercherà di starle accanto più che mai. E paradossalmente alcuni rapporti si rafforzeranno (quelli con la figlia minore soprattutto).

















Adattamento del romanzo omonimo (in italiano Perdersi) della neuroscienziata Lisa Genova, è un film molto struggente ma non pietistico né troppo melenso e sentimentale, che racconta con lucidità e verosimiglianza la battaglia della protagonista. 
Lei stessa afferma durante una conferenza che non soffre ma combatte. E così ci viene mostrata. Almeno nelle fasi iniziali, perché poi il decorso del morbo non le lascia scampo. La progressione degli eventi viene messa in scena senza forzature e con naturalezza. Dallo sentirsi spaesata, confusa, smarrita, al non sapere come comportarsi: cosa che alla fine, in un certo senso si riflette anche sui familiari che sono spaventati. All'inizio cercano di spronarla anche bruscamente, minimizzando, ma poi si devono arrendere e ciò che possono fare è solo farla sentire amata (per quanto Alice possa capirlo). 
Avviene una vera e propria ridefinizione di famiglia, la quale, volente o nolente deve prendersi carico delle cure. 
La perdita dell'identità è un altro punto cruciale. Questa donna così forte, intelligente ed orgogliosa, che vuole il meglio per i suoi cari, non sa più chi è, non sa più cosa fare della sua vita, cerca di aggrapparsi ai ricordi, di fare esercizi per la memoria - e di rimanere il più possibile se stessa - ma la malattia è più forte e finisce per renderla una persona fragile ed indifesa. 
In questo la regia è stata eccezionale nel non calcare troppo la mano rendendo tutto patetico e strappalacrime ma dosando i vari ingredienti (logicamente ci si commuove ma è una commozione doverosa per l'empatia che si prova per il personaggio di Alice, non è imposto). 
Vengono usati espedienti come la ripresa in soggettiva o l'effetto sfocato che ben rendono l'idea di cosa sta accadendo alla mente della protagonista. 
In tutto questo Julianne Moore è strepitosa. La sua interpretazione è intensa ma al contempo delicata, mai sopra le righe (e molte volte, non soltanto in passato, per i personaggi che ha interpretato, lo è stata), molto sentita e credibile. Si è documentata, ha parlato con le persone dell'Alzheimer Association e ha frequentato i gruppi di sostegno e si vede. Ogni cosa è soppesata. Ogni movimento, ogni sguardo perso nel vuoto, alla ricerca di un appiglio o di paura non è mai fuori posto. È davvero una delle più belle performance della sua carriera, l'Oscar è meritatissimo. Alec Baldwin - espressamente voluto dalla Moore - è convincente nel ruolo di un marito innamorato che si trova a dover gestire una situazione tanto improvvisa quanto senza scampo. Bisogna riconoscere che è stato all'altezza come poche volte. Kate Bosworth è stata altrettanto brava nel ruolo della figlia preferita che si ritroverà coinvolta a sua volta dalla malattia per una questione ereditaria. Kristen Stewart si riconferma una bravissima attrice: ha molte scene di interazione con Julianne Moore sia prima dei  sintomi iniziali del morbo e quando l'Alzheimer mostra definitivamente il suo volto, ed è sempre convincente. Magari non avrà una mobilità facciale strepitosa ma il modo in cui dice le battute è senza sbavature. Si sente che ci tiene ed è in parte. Brillante. 
La sceneggiatura è solida anche per le dinamiche familiari, la colonna sonora accompagna e crea suggestione, non prevarica come solitamente succede nei film drammatici o che parlano di problemi fisici. 
Un film toccante, coinvolgente, che racconta una piccola storia ma con cura, attenzione e sensibilità. Da vedere assolutamente (ma in lingua originale). Consigliatissimo. 
(Purtroppo il regista Richard Glatzer, ammalato di SLA, è morto a marzo di quest'anno e durante le riprese comunicava solo attraverso un iPad).


Voto: ***1/2







Il trailer:










Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?











  
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