Mi riferisco a Talk Radio di Oliver Stone.
Ecco la recensione:
Talk Radio di Oliver Stone del 1988. Con Eric Bogosian, Ellen Greene, Leslie Hope, John C. McGinley, Alec Baldwin, John Pankow, Michael Wincott, Linda Atkinson, Robert Trebor, Zach Grenier, Tony Frank. (103 min. ca.)
Barry Champlain (Bogosian) da
negoziante di abbigliamento diventa un noto speaker radiofonico di un
programma notturno che sta quasi per diventare di diffusione
nazionale per il successo che ottiene. Barry è un ebreo schietto,
che detesta i troppi complimenti e, quando un ascoltatore che
interviene dice qualcosa che a lui non va, non si fa problemi a
mandarlo a quel paese. Come non si fa problemi a controbattere
riguardo argomenti spinosi quali il razzismo, l'omosessualità, la
legalizzazione della droga, vincendo praticamente sempre lui. Come è
ovvio, riceve telefonate minacciose. In particolare un ascoltatore
presunto neonazista gli vomita addosso tutto il suo odio e gli invia
in redazione pacchi sospetti e lettere anonime (anche se in realtà
non si sa chi sia il mittente di quest'ultime). Una notte, dopo
essere uscito dal lavoro, viene ucciso come un John Lennon qualsiasi
da un tizio che gli aveva chiesto un autografo.
Film drammatico
tratto dal libro che racconta la storia di Alan Berg, vero speaker
ucciso da un fanatico, e dall'adattamento teatrale che ne aveva fatto
Bogosian (il protagonista).
Originale per messa in scena, girato
praticamente tutto all'interno delle redazioni, e scritto davvero
molto bene. Il ritmo è sincopato, forsennato. I dialoghi sono
velocissimi, taglienti (come devono essere in una radio libera),
provocatori in pieno stile Oliver Stone tra l'altro. Non ci poteva
essere regista migliore a dirigerlo.
Il tono di sfida di Barry
Champlain non è circoscritto al "pubblico" con cui ha a
che fare all'interno della pellicola, bensì si rivolge chiaramente
allo spettatore che la sta seguendo. Lo spettatore, l'americano medio
che non vede più in là del suo naso, fa finta di interessarsi delle
questioni importanti, ma pensa solo a se stesso, punta il dito verso
gli altri, ma non fa niente per risolvere i problemi della società.
Fantastico il monologo verso la fine di Barry, che ormai stanco,
delirante, impaurito per le minacce e arrabbiato con la sua ex moglie
(Greene), la quale è lì con lui e sembra quasi intenzionata a
riprendere i rapporti, comincia a fare un mea culpa, mettendo in
discussione la sua stessa figura, la sua sete di successo e di soldi,
mettendosi in pratica al pari con i suoi ascoltatori, un branco di
falliti. Lì anche la regia svolge un ruolo essenziale con quei
movimenti di macchina in tondo per sottolineare lo stato psicologico
del protagonista.
Gli attori tra l'altro sono perfetti. Eric Bogosian
è eccezionale: si vede che ci crede sul serio. Ha i tempi giusti, è
irriverente, presuntuoso ma sincero. Convince in questi panni.
Davvero bravo. Peccato abbia lavorato davvero poco dopo
quest'opera. Perlomeno al cinema. Gli altri sono delle ottime spalle.
Da Ellen Green, a Alec Baldwin (sorprendentemente molto espressivo)
nel ruolo del capo, da John C. McGinley (quello di Scrubs)
a John Pankow, alle varie voci.
Un film senza peli sulla lingua, con
un finale cinico (quelli che ce l'avevano con lui lasciano messaggi
pieni di cordoglio) e realistico che non dirà niente di così nuovo,
ma da una storia vera ha tratto molti spunti di riflessione.
Inoltre non rimane imbrigliato nella struttura teatrale d'origine, è dinamico. Bella la colonna sonora.
Inoltre non rimane imbrigliato nella struttura teatrale d'origine, è dinamico. Bella la colonna sonora.
Da vedere. Consigliatissimo.
Voto: ***1/2
Il monologo:
Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?
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