mercoledì 11 maggio 2016

Paranoid Park di Gus Van Sant, film drammatico tratto dal romanzo omonimo di Blake Nelson che indaga sui tormenti di un sedicenne colpevole di aver ucciso accidentalmente un uomo. Struttura narrativa frammentaria e grande creatività

Oggi vi voglio parlare di un film di qualche anno fa. Un film drammatico di un autore molto considerato e amato.
Mi riferisco a Paranoid Park di Gus Van Sant.
Ecco la recensione:





Paranoid Park di Gus Van Sant del 2007. Con Gabe Nevins, Daniel Liu, Taylor Momsen, Jake Miller, Lauren McKinney, Winfield Jackson, Joe Schweitzer, Grace Carter, Scott Patrick Green, John Michael Burrowes, Jay 'Smay' Williamson, Dillon Hines, Emma Nevins, Brad Peterson, Emily Galash. (85 min. ca.)
Portland, Oregon. Alex (Nevins), è un normale e taciturno sedicenne con la passione per lo skatebord. Passione che lo porterà a frequentare la malfamata zona del Paranoid Park. Una notte, accidentalmente, farà finire una guardia (Burrowes) tra i binari del treno, procurandogli una violentissima morte. A quel punto, Alex, preso dai sensi di colpa inconfessabili - anche a causa del detective Lu (Liu) che sta mettendo sotto torchio sia lui che un gruppetto dei suoi compagni di scuola -, finirà per mettere per iscritto la storia, come consigliato da Macy (McKinney), un'amica che ci ha visto lungo.














Dramma - tratto dal romanzo omonimo di Blake Nelson - che utilizza l'espediente della presunta morte per omicidio per poter parlare d'altro. 
Quello che interessa veramente è indagare su Alex come persona, come ragazzo medio e mostrare i suoi tormenti (il fatto accaduto influenza forse anche il rapporto con la sua ragazza, Momsen), il suo piccolo mondo. 
La struttura narrativa frammentaria con continui flashback e flashforward, viene esaltata dal montaggio e dalle riprese talvolta fuori fuoco (come se si entrasse nella mente confusa e immatura di un sedicenne, per l'appunto). Gus Van Sant (che ne è anche lo sceneggiatore. E si percepisce) sa davvero cosa dire e come dirlo, senza perdersi in prolissità o elementi superflui. 
Gli attori sono perfettamente in parte. Soprattutto il protagonista Gabe Nevins, dallo sguardo vacuo e perso, simbolo di una generazione che non sa prendersi le proprie responsabilità e tormentata da problemi familiari. Il disagio giovanile è - purtroppo - la normalità.
Molti i momenti intensi (la chiacchierata privata con il detective o quella altrettanto subdola con l'amica Macy). 
Di impatto (quasi splatter) l'immagine del tizio tagliato in due che riappare nell'immaginazione di Alex. In alcune scene vengono utilizzati alcuni brani di Nino Rota (la colonna sonora è tutta bella, essendoci poi Elliott Smith). 
Un film apparentemente semplice dalla costruzione invece complessa, che riesce a scandagliare le emozioni, le sensazioni del protagonista senza pietismo. 
Ermetico, davvero particolare. Van Sant è sempre fuori dagli schemi. (Aveva vinto il Premio Speciale al 60° Festival di Cannes). 
Da vedere. Consigliato.


Voto: ***1/2









Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?











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