Mi riferisco a Christiane F. - Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino di Uli Edel.
Ecco la recensione:
Christiane
F. - Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino (Wir Kinder vom Bahnhof Zoo) di Uli Edel del 1981.
Con Natja Brunckhorst, Thomas Haustein, Christiane Reichelt, Jens
Kuphal, Rainer Woelk, Jan Georg Effler, Daniela Jaeger, Kerstin
Richter, David Bowie. (125 min. ca.)
Metà degli anni '70. La quasi quattordicenne Christiane F., figlia
di genitori separati (la sorella più piccola va a vivere con il
padre, lei rimane con la madre che ha un compagno), comincia a
frequentare brutte compagnie nella discoteca Sound e soprattutto
inizia a prendere confidenza con varie droghe. Ben presto, dagli
acidi passerà all'eroina, spalleggiata anche dal suo fidanzatino
Detlef (Haustein). Arriverà perfono a prostituirsi (come Detlef fa
già, del resto) per procurarsi i soldi per la droga. Venirne fuori
sembrerà quasi impossibile - nonostante un primo tentativo, poco
convinto in realtà - ma ci riuscirà.
Film drammatico tratto dal
libro omonimo (sorta di autobiografia, raccolta di interviste) della
stessa Christiane F. (Christiane Vera Felscherinow).
Molto legato al contesto,
all'ambiente e figlio di quegli anni, ha un forte impatto ancora
oggi. Ingiustamente accusato di spettacolarizzare l'uso di droghe e
di essere addirittura di cattivo esempio per i giovani, è invece
importantissimo e di enorme lezione contro l'assunzione di sostanze
stupefacenti.
Girato in modo molto realistico, è crudo, ha scene
esplicite, mostra i fatti in maniera brutale, senza girarci troppo.
Siringhe piantate sulle braccia, sul collo, sangue che schizza,
vomito, crisi d'astinenza ("cold turkey"): Uli Udel non si
fa problemi a rappresentare le cose come stanno, soprattutto
coinvolgendo dei minorenni (nella finzione, ma anche nella realtà).
Inoltre mostra il degrado delle zone intorno alla stazione di Berlino
(le comparse erano veramente dei tossici), gli effetti devastanti
della dipendenza, la mancanza di valori familiari e di vere figure
genitoriali capaci di occuparsi dei figli.
Insomma, pare assurdo che
siano state rivolte tante critiche di quel genere: basterebbero
soltanto piccoli stralci dell'opera per scoraggiare chi vorrebbe
anche solo avvicinarsi a quel mondo.
Gli attori, a parte le comparse,
sono presi dalle scuole e Natja Brunckhorst - che aveva davvero
quattordici anni all'epoca - era un'esordiente (ma ha continuato a
fare l'attrice e la sceneggiatrice). Tutti molto bravi e credibili.
Ruoli difficili da interpretare se non si ha provato sulla propria
pelle tutta quella sofferenza.
Un film suggestivo, disturbante,
nauseante per il degrado e l'abbandono (in più forme, come
accennato), notturno.
Deve la sua notorietà anche alla magnifica
colonna sonora: vengono utilizzate le canzoni di David Bowie (che ha
un cameo nella scena del "suo" concerto a cui assiste la
protagonista).
Beninteso, questo particolare regala fascino però non
gli si può dare la colpa di traviare gli spettatori: è
semplicemente insito nella circostanza. Diventato subito,
giustamente, un cult.
Da vedere. Consigliato.
Voto: ***/***1/2
Il trailer:
Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?
Chiunque volesse prendere le recensioni citi questo blog. Riproduzione riservata
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