martedì 4 novembre 2014

Gente comune di Robert Redford, dramma familiare che affronta temi delicati con grande intelligenza e intensità. Meravigliosi gli interpreti: su tutti Timothy Hutton, vincitore dell'Oscar come Migliore Attore Non Protagonista (su quattro Premi vinti dal film)

Oggi voglio parlarvi di un film molto interessante. Anche se la trama è piuttosto scontata e tutto è costruito a tavolino e strizza l'occhio al pubblico è comunque un prodotto molto valido ed efficace con grandi prove attoriali.
Mi riferisco a Gente comune di Robert Redford.
Ecco la recensione:




Gente comune (Ordinary People) di Robert Redford del 1980. Con Donald Sutherland, Mary Tyler Moore, Timothy Hutton, Judd Hirsch, Elizabeth McGovern, M. Emmet Walsh, Dinah Manoff, Fredric Lehne, Adam Baldwin. (124 min. ca.)
Il giovane Buck Jarrett muore annegato in un incidente in mare. Con lui c'era il fratello minore Conrad (Hutton). Quest'ultimo non si dà pace e ha un enorme senso di colpa. Nel frattempo anche il rapporto dei suoi (Sutherland e Tyler Moore) va a pezzi.




















Grande drammone familiare - tratto dal romanzo Gente senza storia di Judith Guest - che affronta i temi del lutto, della relazione genitori-figli e della psicoterapia come cura con intelligenza, tensione, intensità.
Molto spesso lacrimevole, Redford - qui alla sua prima regia - ha il pregio di aver lasciato spazio agli attori, dando loro però giuste direzioni, poiché sono tutti impeccabili.
Sutherland nel ruolo di padre di famiglia amorevole e sinceramente interessato al figlio, è credibile, magnifico. Mary Tyler Moore nei panni della rigida e fredda madre è perfetta: parla con il corpo e solo con lo sguardo.
La vera sorpresa però è Timothy Hutton, assolutamente straordinario nel ruolo del figlio fragile, problematico ed incompreso in parte dalla sua famiglia (anzi, dalla madre), in parte dagli amici, che troverà l'unico appoggio per voltare pagina nel dottor Berger, uno psichiatra (Judd Hirsch, figura forte, carismatica e altrettanto in parte). Oscar per lui meritatissimo.
Carina anche la giovane Elizabeth McGovern (la Cora di Downton Abbey), la ragazza con cui esce Conrad: espressiva, dalla recitazione già matura e che qui assomiglia un po' a Stockard Channing.
La sceneggiatura è molto buona, senza troppi buchi, pare una pièce teatrale (ed in effetti la pellicola comincia con marito, moglie e amici a teatro).
Ciò che lascia interdetti è forse l'ambiente un po' troppo austero ma forse sta lì il fulcro della storia e cioè che ogni famiglia, anche quella più perfetta e insospettabile nasconde dei problemi.
La regia punta sulle emozioni e sulle scene plateali create a tavolino per far empatizzare il pubblico con i due maschi della famiglia Jarrett ma non sbaglia del tutto.
Bella l'integrazione dei flashback. Non disturbano ma creano ansia, la stessa ansia che prova Conrad. Perfetto perciò anche il montaggio.
Probabilmente quattro Oscar (Miglior Film, Miglior Regia, Sceneggiatura Non Originale, Miglior Attore Non Protagonista) sono troppi ma è un film valido che pur nella palese sterotipizzazione dei personaggi riesce a ricreare situazioni verosimili e le giuste suggestioni con uno stile bergmaniano ma più moderno ed edulcorato.
Musica ispirata dal Canone di Pachelbel adattata da Marvin Hamlisch.
Da vedere per curiosità. Consigliatissimo (per chi vuole vedere un film "fatto" anche dagli attori. Redford da attore bravissimo qual è, avrà saputo utilizzare la sua esperienza in merito anche come regista).


Voto: ***/***1/2







Il trailer:







Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?












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