venerdì 27 giugno 2014

Rachel sta per sposarsi, film che segue il filone "sperimentale/indipendente" (matrimoni e feste con disgrazie familiari), però realizzato da un regista di grande successo come Jonathan Demme. Il risultato, seppur buono nel complesso, è discutibile. Ottimo invece il cast che vede protagonista una credibile Anne Hathaway

Oggi voglio parlarvi di un film di un regista bravissimo e famoso che ha giocato a fare "l'indipendente". Usando gli stereotipi del caso, la consueta camera a spalla, drammoni schiaffati in faccia allo spettatore, è riuscito nell'intento. Bene anche. Non fosse che pare un esercizio di stile.
Mi riferisco a Rachel sta per sposarsi di Jonathan Demme.
Ecco la recensione:




Rachel sta per sposarsi (Rachel Getting Married) di Jonathan Demme del 2008. Con Anne Hathaway, Sebastian Stan, Roslyn Ruff, Bill Irwin, Anna Deavere Smith, Rosemarie DeWitt, Mather Zickel, Tunde Adebimpe, Debra Winger, Jerome Le Page. (113 min. ca.)
Kym (Hathaway) esce dal centro di riabilitazione per partecipare al matrimonio della sorella (DeWitt). Tornando a casa si scontrerà con la famiglia, sfogando rancori, riuscendo a parlare anche di un incidente accaduto anni prima. 



























Ancora una volta l'occasione di festa con riunione familiare viene sfruttata per mostrare quello che solitamente viene nascosto sotto il tappeto. Rifacendosi al filone europeo e americano (Altman ad esempio), Demme (Il silenzio degli innocenti, Philadelphia, ma anche il leggero Una vedova allegra... ma non troppo fra i suoi lavori) con l'uso di camera a spalla per dare maggiore realismo alla vicenda, racconta qui una storia corale ma con un occhio sempre puntato sulla protagonista (una convincente, davvero credibile nella sua fragilità e sponataneità, Anne Hathaway).
Bella varietà di personaggi (il matrimonio interraziale è una buona trovata) che però non sono più di tanto approfonditi: la psicologia soltanto abbozzata - non di Kym ma del resto del gruppo - è uno dei difetti della pellicola. 
Qualche lungaggine nelle scene del ricevimento e dei vari festeggiamenti con balli e canti (ma che indubbiamente rende il tutto più vero, più "qui e ora"), qualche situazione non risolta (la madre delle due sorelle - una magnifica, espressiva e in parte anche se compare poco, Debra Winger - avrà perdonato Kym per lo schiaffo? Cos'è successo dopo che la figlia se n'è andata dalla sua abitazione?) per una vicenda che sa di già visto. 
La sceneggiatura della figlia di Sidney Lumet, Jenny Lumet, ha, come detto sopra, qualche buco. Il montaggio è (fintamente, volutamente, credo) imperfetto. Fotografia luminosa o sfocata all'occorrenza. 
Nonostante tutto però non è un film da buttare. Si lascia guardare senza intoppi soprattutto per l'interpretazione e il personaggio accattivamente (capro espiatorio di tutti i mali della famiglia e valvola di sfogo) della Hathaway. 
La presunta sincerità del prodotto si percepisce poco: sembra più uno scimmiottare un certo filone, un certo cinema sperimentale (come per dire: "Vedete? Lo posso fare anch'io! Von Trier, Vinterberg, Altman, guardatemi!") che ha poco a che fare, per forza di cose, con il pur sempre bravo Demme. Riuscito a metà, probabilmente piacerà maggiormente se non si è guardato prima qualche lavoro simile di altri registi). 
Da vedere per curiosità (in lingua originale, per carità. Anne Hathaway in italiano sembra una soltanto una sciocchina, non un'ex tossicodipendente). 


Voto: **1/2














Il trailer:







Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?













Chiunque volesse prendere le recensioni citi questo blog. Riproduzione riservata)

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