venerdì 10 marzo 2017

Fiore di Claudio Giovannesi, film drammatico con contaminazioni da teen movie. Bravi gli attori (soprattutto la protagonista Daphne Scoccia e Valerio Mastandrea), ma alcune situazioni sono imbarazzanti. Candidato a sei #DavidDiDonatello

Oggi vi voglio parlare di un film recente. Un film italiano presentato anche a Cannes. Valido, non valido... ha diviso critica e pubblico.
Mi riferisco a Fiore di Claudio Giovannesi.
Ecco la recensione:






Fiore di Claudio Giovannesi del 2016. Con Daphne Scoccia, Josciua Algeri, Valerio Mastandrea, Laura Vasiliu. (110 min. ca.)
Daphne (Scoccia) è una giovane ladra che viene reclusa in un carcere minorile dopo l'ennesimo furto. Lì fa la conoscenza di Josh (Algeri), un ragazzo suo coetaneo che ha problemi con la sua fidanzata. Si innamorerà di lui contro tutto e tutti. 










Film drammatico dalla storia semplice semplice che se all'inizio sembra ben raccontata ed effettivamente prende, dopo la prima mezz'ora si rivela per quello che è: una specie di teen movie dalle velleità più elevate. In realtà sembra uscito dalla penna e dalla macchina da presa di Moccia. 
Gli attori sarebbero anche bravi soprattutto la protagonista e Valerio Mastandrea (anche produttore, ahinoi). 
Purtroppo però, come già detto, è un concentrato di banalità, dalle trovate furbissime trite e ritrite (Daphne che ascolta con gli auricolari - musica interna che diventa musica esterna - Sally di Vasco Rossi, che fa tanto ragazza vissuta e atmosfera... o almeno, dovrebbe, invece è quanto di più convenzionale e finto ci possa essere. Stessa cosa per il ballo di Capodanno con "Greta di 'Amici'" come guest star che canta Maledetta Primavera. Momento trash con annessa "sfilata" scherzosa dei detenuti. Per non parlare dei protagonisti che guardano i fuochi d'artificio nel cortile: scena che vorrebbe essere romantica e di impatto emotivo ma che pare troppo ingenua e addirittura imbarazzante). Di momenti imbarazzanti ce ne sono tanti. Disturbanti e prevedibili i cliché anche all'interno del carcere. 
Gli espedienti narrativi sono telefonatissimi (le scene oniriche in cui la protagonista sogna che le porte delle celle siano aperte, ad esempio). Il finale è addirittura ridicolo. 
Gli unici attimi interessanti sono quelli, per l'appunto, che coinvolgono padre e figlia, ma si perdono nel minestrone di ingredienti avariati. 
Un film che avrebbe avuto del potenziale se non si fosse perso per la strada fin da subito. Sprecatissimo (ed è incredibile che abbia preso parte a un prodotto simile) Daniele Ciprì nel ruolo di direttore della fotografia. 
Da evitare. Candidato a sei (!) David di Donatello. 


Voto: **






Il trailer:






Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?











 
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