Un film che ha fatto discutere anche se meno del precedente.
Mi riferisco a Youth - La giovinezza di Paolo Sorrentino.
Ecco la recensione:
Youth - La giovinezza di Paolo
Sorrentino del 2015. Con Michael Caine, Harvey Keitel, Rachel Weisz,
Paul Dano, Jane Fonda, Mark Kozelek, Luna Zimic Mijovic, Tom
Lipinski, Paloma Faith, Ed Stoppard, Mădălina Diana Ghenea, Roly
Serrano, Gabriela Belisario. (118 min. ca.)
In un hotel/spa svizzero, due amici di
lunga data Fred Ballinger (Caine) e Mick Boyle (Keitel) si tengono
compagnia. Il primo è un ex direttore d'orchestra e compositore, il
secondo un regista sul viale del tramonto. Insieme a loro la figlia
di Fred, Lena (Weisz), che viene lasciata dal marito per un'altra
donna, Jimmy Tree (Dano), attore di successo (commerciale) alla
ricerca di ispirazione per il personaggio che dovrà interpretare in
Germania (Hitler), la bella Miss Universo (Ghenea) ed altre
personalità. Tutti alle prese con insoddisfazioni, turbamenti
interiori per il passare del tempo e sull'incertezza del futuro.
Sorrentino, al secondo film in lingua inglese dopo This Must BeThe Place e il primo dopo il successo mondiale (con un Oscar per il Miglior Film Straniero) de La grande bellezza, scrive e dirige un film sulla vecchiaia, sul
tempo che passa, sempre con il suo solito stile surreale, grottesco e
ironico. Un'ironia sagace e puntuale, un cinismo sfoggiato con
nonchalance e qualche incursione di immagini forti.
Dai tempi
dilatati, dalle riprese lentissime stupefacenti, con una fotografia perfetta
del sempre grandissimo Luca Bigazzi (che realizza veri e propri
quadri con gli attori in posa plastica), riesce a parlare non
soltanto - ovviamente - della giovinezza in contrapposizione con la
vecchiaia dei due protagonisti che guardano il mondo che li circonda,
non solo dell'amicizia e dell'incomunicabilità dei rapporti umani,
ma anche del senso della vita. Per farlo usa un linguaggio ricercato, ma anche frasi filosofiche quasi spicciole, simbolismo criptico, con effetto straniante.
Inoltre fa una sorta di
critica bonaria ad un certo tipo di cinema, alla tv (fra poco dovrà
uscire anche la sua serie targata HBO. Che sia una cosa
autoironica?).
Sempre di ispirazione felliniana (con quelle
macchiette pittoresche che escono d'improvviso. Ad esempio quella di
Maradona, a cui tra l'altro aveva dedicato l'Oscar), è molto più
accessibile rispetto a La grande bellezza. Il cast
internazionale rende la cosa più facile.
I due protagonisti sono
perfetti. Michael Caine è - volutamente, si spera - spaesato. Harvey
Keitel (sottovalutato perennemente) dà una prova misurata ma
incisiva. Rachel Weisz ha un monologo da brividi: davvero notevole.
Paul Dano fa poco ma rimane impresso. Il cameo di Jane Fonda
invecchiata, tirata ma cascante e sfiorita è impagabile: il viso
lascerà un po' sgomenti (anche qui, volutamente, si spera) ma nel
modo di dire le battute, beh, è sempre lei. Classe innata anche
quando pronuncia certe scurrilità. Tutti gli altri offrono il loro
contributo. Nessuno è superfluo.
Furbo, finto, presuntuoso, mero
esercizio di stile autoreferenziale e freddo? Può darsi. In una
certa misura è così, ma sotto la patina della pretestuosità, c'è
tanta abilità cinematografica, di composizione dell'immagine, di
raccontare una storia apparentemente semplice e banale in modo
diverso, originale con un'estetica precisa.
Sorrentino, per bocca di Keitel afferma che le
emozioni non sono sopravvalutate. Nel finale si ritrova tutta la
grandiosità di un cinema che riesce anche ad emozionare pur
rimanendo sempre coerente con quell'equilibrio patinato di cui sopra.
Inquietante e caratterizzante la musica di David Lang.
(Questa volta,
una piccolo scorcio di bellezza la trova anche a Venezia).
Piacevole,
coinvolgente, fa rifllettere con un mezzo sorriso.
Da vedere.
Consigliatissimo.
Voto: ***1/2
Il trailer:
Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?
Chiunque volesse prendere le recensioni citi questo blog. Riproduzione riservata
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