lunedì 26 giugno 2017

La foresta dei sogni di Gus Van Sant, dramma sull'elaborazione del lutto e sugli eventi della vita collegati con l'universo. Angosciante e toccante, ha come protagonista un Matthew McConaughey totalmente in parte (come sempre)

Oggi vi voglio parlare di un film recente. Un film drammatico di un regista molto amato, qui alle prese con un'opera suggestiva e toccante ingiustamente maltrattata dalla critica.
Mi riferisco a La foresta dei sogni di Gus Van Sant.
Ecco la recensione:




 

La foresta dei sogni (The Sea of Trees) di Gus Van Sant del 2015. Con Matthew McConaughey, Ken Watanabe, Naomi Watts, Katie Aselton, Jordan Gavaris, James Saito. (110 min. ca.)
Arthur Brennan (McConaughey) dopo la morte della moglie Joan (Watts) con la quale aveva avuto un tormentato rapporto, decide di togliersi la vita nella foresta sotto il monte Fuji, in Giappone. L'incontro con un uomo giapponese, nelle sue stesse condizioni, il quale però vuole uscirne, lo metterà nelle codizioni di ripensarci. 












Film drammatico molto interessante per il confronto inizialmente tra due culture diverse e tra spiritualismo e scienza (Arthur è uno scienziato). 
Infatti, man mano che la storia va avanti e soprattutto nel finale, tutto prende una piega più new age, sovrannaturale-misterioso. Quelle che sembrano solo coincidenze in realtà è il destino (o almeno questa è una chiave di lettura). 
Fa riflettere su quanto tutto abbia un significato, su quanto le cose succedano per un motivo e quanto tutto sia collegato. 
La cosa intelligente è che questi argomenti hanno un senso, non vengono buttati in faccia allo spettatore in maniera spicciola, bensì aiutano a capire il protagonista e la storia in sé. Gli stessi flashback sono ben integrati e servono a raccontare il passato di Arthur e Joan. Certo, in alcuni momenti punta sullo stupore, sulle scene ad effetto, su una trama altrettanto ad effetto (ma senza, non ci sarebbe neanche la pellicola), eppure non passa mai il limite, anche quando prende una piega troppo tragica o troppo surreale per essere vera. 
Inoltre mostra con lucidità quanto nei rapporti di coppia (anche duraturi) si conosca poco l'altra persona. Parla di amore inespresso, quell'amore non detto perché si è sempre troppo impegnati con altre faccende o perché si ha quasi paura a mostrarlo. 
Ed è una metafora, un cammino dell'elaborazione del lutto: solo aggrappandosi al fatto che sua moglie è comunque con lui in un modo o nell'altro, Arthur potrà ritornare a vivere. 
Il cast è azzeccato. Ovviamente Matthew McConaughey la fa da padrone: espressivo, credibile, presente nel momento. Si è calato totalmente nel suo personaggio e la sua performance è dolente, sentita. Bravissimo anche Ken Watanabe. Naomi Watts è un'altra che non ha bisogno di presentazioni: qualsiasi ruolo interpreti è convincente. 
Un film intenso, angosciante e dolorosissimo con uno spiraglio di speranza. 
Dal ritmo sempre costante, mai pedante o prolisso, ben costruito, coerente e dai concatenamenti puntuali (ottimo anche il montaggio), coinvolge e appassiona. Presentato in concorso a Cannes, ha avuto critiche negative immeritate. 
Da vedere (quando si è dell'umore giusto). Consigliato. 


Voto: ***







Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?











  
Chiunque volesse prendere le recensioni citi questo blog. Riproduzione riservata

Nessun commento:

Posta un commento