mercoledì 23 dicembre 2015

Intermezzo di Gustaf Molander, melodramma svedese poi rifatto tre anni più tardi in America, con una giovane attrice già presente nel cast, ossia Ingrid Bergman. Piacevole e ispirato

Oggi vi voglio parlare di un film di moltissimi anni fa. Un film svedese di un bravo regista (sempre svedese), con nel cast un'attrice che di lì a poco sarebbe diventata famosissima, una delle più grandi attrici hollywoodiane. Anzi, della storia del cinema.
Mi riferisco a Intermezzo di Gustaf Molander.
Ecco la recensione:





Intermezzo di Gustaf Molander del 1936. Con Gösta Ekman, Inga Tidblad, Ingrid Bergman, Erik Berglund, Hugo Björne, Anders Henrikson, Hasse Ekman, Britt Hagman. (93 min. ca.)
Holger Brandt (Ekman), è un famoso violinista sposato con Margit (Tidblad) e padre di due figli. La sua routine fatta da tournée in giro per il mondo viene spezzata grazie ad Anita Hoffman (Bergman), insegnante di pianoforte della figlia Ann-Marie (Hagman). Per lei l'uomo lascia la famiglia, la moglie chiede il divorzio. Ma è tutto momentaneo... 








Pellicola originale svedese famosa per essere diventata il remake (diretto da Gregory Ratoff) che ha aperto le porte dell'America ad Ingrid Bergman. 
Girata benissimo, con un buon ritmo. Tecnicamente, per quegli anni, è ineccepibile. Il piglio poi è deciso, di polso. I toni virano sì sul melodramma, ma con una durezza di fondo che scongiura il patetismo più plateale. 
Alcune scene sembrano molto moderne, certi baci appaiono addirittura arditi perché molto naturali, dati in modo disinvolto. La sequenza del concertino in casa Brandt durante il compleanno di Anne-Marie con il duetto (l'intermezzo da cui il titolo) di Holger e Anita, qui, paradossalmente, dato quanto detto poci fa, non ha lo stesso vigore, la stessa passione che avrà nel film americano del '39. Lì sembrava che i due stessero facendo metaforicamente (e platonicamente) l'amore. Sarà forse perché in questo caso non si guardano troppo negli occhi, non c'è uno scambio insomma. La posizione in scena non rende l'idea: la si intuisce ma non si avverte troppo. 
Comunque, gli attori sono bravi. Gösta Ekman è oscuro, ombroso. Inga Tidblad è in gamba nel ruolo della moglie dimessa. Ma è sempre Ingrid Bergman - e non perché è un viso conosciuto e amato - a spiccare su tutto e tutti, a illuminare lo schermo. Il suo carisma, il non essere mai caricaturale pur dovendo sottostare a certi cliché e a un determinato tipo di recitazione influenzata ancora dal cinema muto: ossia gesti ampi, espressività accentuata, il declamare più che dire una battuta normalmente. Eppure Ingrid è moderna, vera, carismatica, spontanea, il suo sguardo non mente. David O. Selznick, vecchio volpone, ci aveva visto giusto. 
Meglio l'originale o il remake? Il remake sfodera più colpi bassi, cambia un po' la storia per rendere il tutto più strappalacrime ed è più retorico, puritano (anche questo lo è, vista l'epoca, ma non così sfacciato, non in modo anche un po' irritante). E la Bergman qui non è la protagonista, ma più una spalla.
È un film piacevole, dallo stile duro e tagliente figlio del cinema tedesco (espressionismo tedesco) e del cinema muto. 
Un melodrammone con il guaio in vista che redime. 
Da vedere per curiosità (anche perché ha fatto - senza volerlo - la storia) e per la Bergman. Consigliato.


Voto: ***1/2






Il trailer:







Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?











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