venerdì 17 luglio 2015

Il mistero Von Bulow di Barbet Schroeder, legal drama appassionante ma un po' di maniera e patinato, con dei protagonisti sopra le righe

Oggi vi voglio parlare di un film di parecchi anni fa diventato molto famoso. Un legal drama tratto da una storia vera molto intrigante ma anche molto patinato.
Mi riferisco a Il mistero Von Bulow di Barbet Schroeder.
Ecco la recensione:





Il mistero Von Bulow (Reversal of Fortune) di Barbet Schroeder del 1990. Con Jeremy Irons, Glenn Close, Ron Silver, Annabella Sciorra, Uta Hagen, Christine Baranski, Lisa Gay Hamilton, Felicity Huffman, Julie Hagerty. (112 min. ca.)
Nel 1980 Claus Von Bulow (Irons) viene accusato di aver causato il coma irreversibile - mediante iniezione di insulina - della moglie Sunny (Close), riccona aristocratica. Già l'anno precedente Sunny era entrata in coma, ma grazie al tempestivo ricovero in ospedale ne era uscita. Ora Von Bulow è condannato a trent'anni di carcere, perciò si affiderà a Alan Dershowitz (Silver), un professore di Legge ad Harvard, il quale costituirà un team affiatato (che comprende anche i suoi migliori studenti) con suddivisione dei compiti e indagini. Riuscirà a venirne a capo e a difendere l'uomo che tutti ritengono colpevole. 













Tratto dall'autobiografia del vero Alan Dershowitz è un legal drama interessante per la struttura, per come vengono introdotti i personaggi: la voce narrante è della signora Von Bulow stessa, che parla dal suo letto d'ospedale e mette al corrente dei fatti già compiuti. Poi, man mano che il rapporto tra l'avvocato e il cliente si fa più stretto e vanno avanti le ricerche di prove di innocenza, i flashback portano alla luce la verità. Questo è il punto forte. 
Il resto è piuttosto di maniera, il solito prodotto hollywoodiano tipicamente primi anni '90 (con scie anni '80) studiato a tavolino, palesemente telefonato. Anche le interpretazioni - fatta eccezione per i personaggi semplici, normali, come il professore (Ron Silver è davvero credibile, impeccabile nel ruolo) e i suoi collaboratori - sono caricate, sopra le righe, artefatte. 
Sicuramente è una cosa voluta, ma stride troppo con la vicenda in sé. Jeremy Irons sembra una macchietta con quell'accento snob del New England e quei dentoni finti. Il suo è l'unico Oscar della pellicola ma sicuramente gli è stato conferito come contentino, quando se lo sarebbe meritato nel 1988 per Inseparabili di Cronenberg (forse rimane la sua migliore interpretazione in assoluto). Glenn Close nella parte della donna depressa, dipendente da farmaci, dolci e alcol è un po' ridicola. C'è anche Christine Baranski: interpreta la nuova donna (sempre nobile ma più vitale, mi si passi il termine) di Von Bulow. 
La vicenda invece è raccontata bene da una regia - come accennato sopra - senza troppi guizzi, se non nell'intelligente sviluppo della trama e per il ritmo sempre costante. 
Un film commerciale (che a dir la verità non ha avuto così successo al botteghino) dignitoso che intrattiene senza difficoltà e coinvolge. 
Da vedere. Consigliato.


Voto: ***







Il trailer:








Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?













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