domenica 11 dicembre 2016

Oliver Twist di Roman Polanski, rivisitazione di un classico cinematografico (e dickensiano, ovviamente). Cast in parte, belle suggestioni, probabilmente però manca di mordente (soprattutto nel finale)

Oggi vi voglio parlare di un film di qualche anno fa. Un film diretto da un grande regista, qui alle prese con un classico. Il risultato è buono, ma forse un po' privo di mordente.
Mi riferisco a Oliver Twist di Roman Polanski.
Ecco la recensione:





 
Oliver Twist di Roman Polanski del 2005. Con Barney Clark, Ben Kingsley, Jamie Foreman, Leanne Rowe, Harry Eden, Edward Hardwicke, Jeremy Swift, Mark Strong, Frances Cuka, Paul Brooke, Lewis Chase, Ophelia Lovibond, Chris Overton, Michael Heath, Gillian Hanna, Alun Armstrong, John Nettleton, Ian McNeice, Andy Linden, Patrick Godfrey. (125 min. ca.)
Altra versione del romanzo omonimo di Charles Dickens che vede protagonista il piccolo Oliver (Clark), prima sbattuto in un orfanotrofio nel quale verrà sfruttato e lasciato quasi a morire di fame. Scappato a Londra, troverà rifugio presso Fagin (Kingsley) un vecchio ladro-maestro che frutta, altrettanto, i bambini mandandoli a rubare per le strade. 










Film drammatico molto cupo che riesce a descrivere con suggestione l'ambiente malfamato e sporco londinese. 
Molto curato nella fotografia (ottimo l'uso delle luci naturali), dalle stupende scenografie, dai toni cinici e dallo humor nero (a tratti), ha un protagonista in parte e soprattutto un Ben Kingsley come sempre trasformista. Gli altri, per quanto adatti al ruolo, rimangono leggermente sottotono. 
Ed in effetti, nonostante la narrazione molto scorrevole e ben raccontata, sembra peccare leggermente di ritmo. Anzi, di mordente. Soprattutto nel finale, che, nonostante la suspense, arriva quasi senza colpo ferire. 
Un altro difetto è il non aver spiegato bene il motivo per cui il signor Brownlow voglia prendere Oliver con sé. Difetti che, straordinariamente, nel musical del 1968* diretto da Carol Reed non c'era, ma che anzi era entusiasmante, brioso, più completo (e a dirla tutta, anche visivamente più accattivante). Nonostante ciò rimane un film godibile, che non spinge troppo alla lacrima facile: ha una sua dignità. È un Polanski diverso, che forse non ha saputo sfruttare a pieno la sua solita "cattiveria". Comunque da vedere. Consigliato.

*Mia recensione
Voto: ***






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martedì 6 dicembre 2016

Bridget Jones's Baby di Sharon Maguire, terzo capitolo sulla simpatica zitellona inglese, qui alle prese con un altro triangolo (che comprende nuovamente Mark Darcy) e con un bambino (in arrivo). Mediocre, senza brio

Oggi vi voglio parlare di un film uscito poco tempo fa nelle sale e che ha avuto un grande successo.
È il terzo film di una saga amatissima.
Mi riferisco a Bridget Jones's Baby di Sharon Maguire.
Ecco la recensione:





 
Bridget Jones's Baby di Sharon Maguire del 2016. Con Renée Zellweger, Colin Firth, Patrick Dempsey, Emma Thompson, Sarah Solemani, Sally Phillips, James Callis, Shirley Henderson, Neil Pearson, Kate O'Flynn, Jim Broadbent, Gemma Jones, Celia Imrie, Joanna Scanlan, Patrick Malahide, Ed Sheeran. (122 min. ca.)
Bridget Jones (Zellweger) è arrivata alla bellezza di quarantatrè anni, ha finalmente delle soddisfazioni professionali ma è di nuovo single. Durante un campeggio per un festival musicale va a letto con Jack (Dempsey), belloccio ricco che ha fatto fortuna creando un "algoritmo dell'amore". Giorni dopo ad un battesimo passerà una notte di passione con il suo ex e suo più grande amore Mark (Firth). Dopo pochi giorni si scopre incinta. Il problema è che non sa chi sia il padre tra i due. 












Terzo capitolo della saga di Bridget Jones, questa volta senza essere basato su un romanzo di Helen Fielding, ma con la regista che aveva diretto la prima pellicola. 
Una specie di revival (senza Hugh Grant) molto sgonfio nonostante le numerose risate (forzate). Le situazioni sono senza brio, il ritmo è altalenante, la sceneggiatura zoppica qua e là (nonostante sia firmata anche da Emma Thompson). 
Il cast funziona con riserva. Renée Zellweger è sempre abbastanza simpatica inizialmente (nonostante il viso stravolto dai ritocchi di chirurgia plastica che le rendono la pelle piena di pieghe appena accenna qualche smorfia tipica del personaggio), ma sembra piuttosto incolore e svogliata. Colin Firth appare invecchiatissimo, spento, imbolsito (anche se sempre elegante). Patrick Dempsey ha una faccia da stoccafisso e ha poca verve anche lui. L'unica veramente simpatica e carismatica è Emma Thompson (se non si fosse limitata - presumibilmente - a mettere il becco solo sulle battute, sarebbe uscita una commedia veramente spiritosa e tagliente. Invece tutto appare scontato, banale). 
Il resto poca roba. Solite volgarità, parolacce a dismisura (va bene che gli inglese non si trattengono, ma c'è un limite) che in Che pasticcio,Bridget Jones!* invece venivano adoperate con parsimonia, dando più spazio alle battute e alle scene comiche. 
Un film mediocre, che si lascia guardare per amore di continuità. Pessima (come di consueto) la colonna sonora (a parte tre o quattro pezzi non recenti). 
Da vedere solo per curiosità. 

*Mia recensione
Voto: *1/2






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lunedì 5 dicembre 2016

IN SALA - Sully di Clint Eastwood, dramma sulla figura del comandante di volo Chesley Sullemberg che il 15 gennaio 2009 portò in salvo tutti i passeggeri del volo US Airways 1549 dopo un guasto ai motori ammarando nell'Hudson. La storia è ben raccontata e messa in scena con un Tom Hanks protagonista assoluto

Oggi vi voglio parlare di un film che si trova nei cinema in questi giorni. Un film molto atteso per il binomio regista- attore soprattutto.
Mi riferisco a Sully di Clint Eastwood.
Ecco la recensione:





Sully di Clint Eastwood del 2016. Con Tom Hanks, Aaron Eckhart, Laura Linney. (96 min. ca.)
Il comandante Chesley Sullemberg detto Sully (Hanks) il 15 gennaio 2009 porterà in salvo tutti i 155 passeggeri del volo US Airways 1549 (su un Airbus A320) mediante l'ammaraggio nel fiume Hudson a New York dopo un guasto ai motori a causa di uno scontro con uno stormo di oche. Accusato inizialmente di negligenza e con un'indagine a carico, sarà "riabilitato".












Film drammatico/biografico basato sull'autobiografia del vero Sullemberg molto interessante innanzitutto per la solidità, la compattezza (è anche di breve durata, cosa insolita per un'opera di Eastwood), il suo essere senza troppi fronzoli ma al contempo spettacolare nelle scene dell'incidente, davvero d'impatto.
Gli eventi che si susseguono sono costruiti in modo impeccabile, creando tensione, ansia, pathos e vera empatia per il protagonista e il suo co-pilota Jeff Skiles.
Qualche riserva sul flashback che sopraggiunge quando Sully è al telefono con la moglie: è talmente lungo che ci si dimentica perfino di cosa stesse accadendo in precedenza.
Il cast è più che in parte. Tom Hanks riesce a sostenere il ruolo da persona normale (era già successo anche in Captain Phillips - Attacco in mare aperto* a dire il vero) alle prese con un evento "straordinario" che mette a rischio anche lui stesso. Misurato, pacato, dolente, riesce a rendere l'idea di un uomo shoccato da quanto gli è successo ma che continua a sperare perlomeno che gli venga riconosciuta la sua professionalità. Molto in gamba: era facile strafare. Bravo anche Aaron Eckhart (non troppo espressivo a dire il vero).
Anche in questo caso Eastwood parla di un eroe comune, del lato buono dell'America. Con un po' di retorica e qualche colpo basso per provocare la lacrima nello spettatore (l'altra telefonata della moglie prima dell'"assoluzione" completa) è abbastanza patetica. Non perché non veritiera (o per il fatto che Laura Linney non sia brava), per come è stata girata.
Rimane però un bel film edificante, un piccolo film, ma grande cinema (che probabilmente si porterà a casa qualcosa ai prossimi Oscar. Sicuramente Tom Hanks verrà nominato, manco a dirlo). Non c'erano dubbi, data la firma.
Da vedere (meglio se in lingua originale). Consigliato.


*Mia recensione
Voto: ***/***1/2






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domenica 4 dicembre 2016

CULT CLASSICO - Un posto al sole di George Stevens, dramma sentimentale/giudiziario tratto dal romanzo Una tragedia americana. Intenso, duro, ricco di tensione, diretto ed interpretato con maestria (il protagonista Montgomery Clift su tutti)

Oggi vi voglio parlare di un film di molti anni fa. Un film di un bravissimo regista che sapeva sempre calibrare i toni delle sue opere. Un film che ha vinto sei Oscar. Tutti meritati (anche se avrebbero potuto benissimo vincere anche i due attori protagonisti e anche la co-protagonista).
Mi riferisco a Un posto al sole di George Stevens.
Ecco la recensione:





Un posto al sole (A Place in the Sun) di George Stevens del 1951. Con Montgomery Clift, Elizabeth Taylor, Shelley Winters, Anne Revere, Keefe Brasselle, Fred Clark, Raymond Burr, Herbert Heyes, Shepperd Strudwick, Frieda Inescort, Kathryn Givney, Douglas Spencer, Walter Sande, Ted de Corsia, John Ridgely, Lois Chartrand, Paul Frees. (121 min. ca.)
George Eastman (Clift) è un ragazzo povero che va a lavorare nella fabbrica dello zio. Contravvenendo al regolamento, inizia una relazione con Alice Tripp (Winters), un'operaia. Dopo poco lei gli annuncia di essere incinta, ma George è invaghito di Angela Vikers (Taylor), amica di famiglia. Come fare per liberarsi di Alice? Ciò che deciderà lo porterà alla rovina più totale. 
















Film tratto dal romanzo Una tragedia americana di Theodore Dreiser.
Dramma di un uomo, ma anche giudiziario, giallo, poliziesco, sentimentale, in un mix struggente ed efficace.
I personaggi sono ben delineati, la trama è ben raccontata, senza lungaggini di troppo, ma con tutta calma (pur mantenendo un ritmo sempre sostenuto), nonostante i vari snodi. Il cast è eccezionale. Montgomery Clift è sempre eccezionale nel ruolo del timido e un po' dimesso. Anche in questo caso il suo George è sempre tormentato, afflitto, ambugo e strisciante. E lui ha l'espressività giusta, lo sguardo perso, quegli occhi sbarrati indimenticabili. Elizabeth Taylor è incantevole come al solito nella parte della ragazza dolce, capricciosa e viziata. Mai melensa. Shelley Winters interpreta - come di consueto - il ruolo dell'incomodo, della bruttina di cui qualcuno si innamora per poi essere gettata via. Perfetta, espressiva (il dialogo sulla barca è straziante). Raymond Burr (sì, Perry Mason), fantastico nella parte dell'avvocato duro, severo, giusto, alla ricerca della verità).
George Stevens ha diretto magnificamente un film molto difficile da digerire, un vero pugno allo stomaco.
Duro, tagliente, grande affresco dei rapporti di coppia, dell'infatuazione, dell'arrivismo.
Anche tecnicamente è impeccabile. Per gli indizi che vengono sottolineati grazie ad inquadrature ad hoc, per le dissolvenze incrociate, per la colonna sonora potente ed efficace (ma mai invadente).
Premiato meritatamente con sei premi Oscar.
Un gioiello del cinema classico. Da vedere assolutamente.
Consigliatissimo. 


Voto: ****







Il trailer:







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