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mercoledì 30 novembre 2016

Il condominio dei cuori infranti di Samuel Benchetrit, commedia drammatica dolceamara scritta, diretta ed interpretata benissimo (nel cast Isabelle Huppert, Valeria Bruni Tedeschi, Michael Pitt). Malinconia e tenerezza per un film leggero, ma al contempo profondo ed ispirato

Oggi vi voglio parlare di un film recente. Un film francese scritto, diretto ed interpretato benissimo. Molto struggente e tenero.
Mi riferisco a Il condominio dei cuori infranti di Samuel Benchetrit.
Ecco la recensione:






Il condominio dei cuori infranti (Asphalte) di Samuel Benchetrit del 2015. Con Isabelle Huppert, Gustave Kervern, Valeria Bruni Tedeschi, Tassadit Mandi, Jules Benchetrit, Michael Pitt, Abdelmadjid Barja, Mickaël Graehling, Larouci Didi, Thierry Gimenez. (100 min. ca.)
In un condominio della periferia alsaziana, vivono dei condomini scontenti e solitari tra cui un uomo che finirà in sedia a rotelle, un'attrice che un tempo era stata famosa, un adolescente praticamente orfano, un'anziana donna algerina con un fantomatico figlio. 








Commedia drammatica - ad episodi ben amalgamati tra loro, basata sul primo volume dell'autobiografia dello stesso regista - molto delicata, che parla di solitudine, di rapporti umani, di approcci, di comprensione e di aiuto disinteressato (altruismo vero e proprio). 
Il tutto condito da toni surreali, grotteschi, con molto humor nero e qualche momento di cinismo spezzato però dalle buone azioni dei personaggi. 
Il cast è perfetto: da una Isabelle Huppert che sfodera una dolcezza che non ci si aspetta sotto la scorza dura, ad una Valeria Bruni Tedeschi sempre molto brava ad interpretare la donna fragile e combattuta: qui non calca la mano, è misurata. Meno teatrale, più naturale e pacata ma intensa. Una performance azzeccata. Da un Michael Pitt astronauta sceso dal cielo che non capisce il francese che appare molto spontaneo, a una Tassadit Mandi dolcissima. Senza dimenticare il giovane Jules Benchetrit che interagisce con l'Huppert con facilità e Gustave Kevern davvero in parte nell'interpretare un personaggio che è non solo fisicamente delicato, ma anche a livello psicologico. Benchetrit è riuscito a creare un clima bizzarro e molto particolare senza mai travalicare il confine del buon gusto, senza essere stucchevole, dirigendo benissimo gli attori, con una sceneggiatura (la sua) altrettanto calibrata. 
Un film piacevole e malinconico, che alterna sorrisi a vera commozione (alcune scene sono davvero struggenti). 
Un gioiellino che fa capire quanto sia importante comunicare e relazionarsi con gli altri senza pregiudizi. 
Da vedere assolutamente (meglio se in francese). Consigliatissimo.


Voto: ***1/2






Il trailer:







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domenica 2 ottobre 2016

La pazza gioia di Paolo Virzì, commedia drammatica che tocca temi delicati tra sorrisi e lacrime. Ben diretto e soprattutto ben interpretato dalle due protagoniste (in particolare Valeria Bruni Tedeschi)

Oggi vi voglio parlare di un film recente. Un film italiano che è stato nelle sale pochi mesi fa. Diretto da un regista molto apprezzato.
Mi riferisco a La pazza gioia di Paolo Virzì.
Ecco la recensione:





La pazza gioia Paolo Virzì del 2016. Con Valeria Bruni Tedeschi, Micaela Ramazzotti, Valentina Carnelutti, Marco Messeri, Anna Galiena, Tommaso Ragno, Bob Messini, Sergio Albelli, Marisa Borini, Simone Lenzi, Luisanna Messeri. (118 min. ca.)
Beatrice Morandini Valdirana (Bruni Tedeschi), psicolabile coinvolta in truffe con un suo ex e Donatella Morandini (Ramazzotti), giovane depressa con trascorsi di tentato suicidio e autolesionismo, si conoscono a Villa Biondi, una comunità per persone con disturbi mentali. Beatrice è sempre prodiga di consigli e prenderà a cuore la "causa" di Donatella per la quale ha un'istantanea simpatia. Donatella all'inizio non sembra ricambiare lo stesso strano affetto. La fuga dal centro cambierà le cose. 














Commedia drammatica dalla trama semplice ma raccontata con brio e sensibilità sfruttando le suggestive ambientazioni toscane che il regista tanto ama. 
È sostanzialmente la storia di due donne di diversa estrazione sociale che hanno in comune la sofferenza e la solitudine. Per questo motivo riescono a darsi manforte (o quantomeno cercano di farlo) e a costruire via via un'amicizia sincera.
Nella loro rocambolesca fuga tra cene non pagate e diversi incidenti, il regista riesce a cambiare più volte registro, passando dalla commedia al drammatico puro in pochi minuti. Questa è la forza dell'opera, una delle qualità che la rendono diversa da molte altre pellicole di genere. 
Con varie citazioni, come quella neanche tanto nascosta a Thema & Louise*, immagini evocative ed altre un po' più grezze e terra terra, riesce a ricreare il microcosmo di queste anime sole e la loro bizzarria. 
Le due attrici protagoniste sostengono tutto il peso dei loro personaggi (caratterizzati in modo impeccabile). In particolare Valeria Bruni Tedeschi che interpreta una donna svitata ma ingenua - svagata -, generosa ed esuberante con una gran dose di sfaccataggine (mix esplosivo) con naturalezza e tanta classe, regalando probabilmente una delle sue migliori performance. Toccante e simpatica al tempo stesso. Micaela Ramazzotti qui marca bene l'accento toscano e fa tanta tenerezza: anche lei risulta più convincente del solito. Ma tutto il cast riesce a ricreare un clima semplice, familiare quasi. 
Un film diretto benissimo. Virzì sa sempre come sfruttare i suoi attori e si approccia di volta in volta a generi completamente diversi con intelligenza, polso e freschezza, senza aver paura di mettersi in gioco. In questo caso la sceneggiatura ha qualche incongruenza e svista qua e là, tuttavia si fa perdonare grazie alle trovate interessanti (anche dal punto di vista narrativo), ai toni utilizzati e alla vicenda in sé. 
Coinvolgente e piacevole (nonostante alcune parti non proprio allegrissime), con due protagoniste che si fanno amare malgrado i loro problemi e dei comportamenti malsani. E che sa parlare di temi delicati con sorrisi e qualche lacrima.
Da vedere assolutamente. Consigliatissimo.

*Mia recensione
Voto: ***






Il trailer:








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lunedì 3 novembre 2014

Il capitale umano di Paolo Virzì, film drammatico tratto dal romanzo omonimo di Stephen Amidon è un bel meccanismo ad olorogeria orchestrato perfettamente. Il cambiamento di genere e di stile ha fatto bene al regista livornese

Prima di parlarvi del film di oggi, vi volevo dire che sto diventando (periodo di prova) curatrice della rubrica sui CULT nel sito JustNews.it. Ovviamente che film potevo scegliere per iniziare questa avventura? Ma Notorious di Alfred Hitchcock, neanche a dirlo!
Perciò vi metto il link direttamente qui. Spero apprezzerete:
Notorious - L'amante perduta. JustNews.it


Adesso passiamo alla pellicola odierna. E' una bella scoperta. Un film drammatico recente (e di successo. Addirittura - ma non vuol dire niente in verità, anche se è indubbiamente un prestigio - è in nomination fra i migliori film stranieri agli Oscar) di un autore che solitamente non apprezzo così tanto ma che qui ha cambiato genere e stile.
Mi riferisco a Il capitale umano di Paolo Virzì.
Ecco la recensione:





Il capitale umano di Paolo Virzì del 2013. Fabrizio Bentivoglio, Valeria Bruni Tedeschi, Fabrizio Gifuni, Valeria Golino, Luigi Lo Cascio, Bebo Storti, Matilde Gioli, Guglielmo Pinelli, Giovanni Anzaldo, Gigio Alberti, Silvia Cohen, Federica Fracassi, Pia Engleberth. (109 min. ca.)
Nella provincia lombarda un uomo sta tornado a casa dal lavoro in bicicletta quando viene investito da un SUV. Il conducente non si ferma per soccorrerlo. Comincia così la storia (tratta dal romanzo omonimo di Stephen Amidon) che vede protagoniste le tre famiglie coinvolte con l'incidente.
















Diviso in un antefatto, tre capitoli e un capitolo finale, il racconto viene mostrato da più angolature, da più punti di vista (di Dino, Carla e Serena), perciò cambiano anche i punti di ripresa e viene destrutturato, analizzato e sviscerato nei minimi particolari, tornando indietro da dove si era rimasti dando così continuità all'intreccio delle vicende.
Niente di nuovo sotto il sole, anche come tipolgia di narrazione e tecnica registica, ma sicuramente è una scelta curiosa nel panorama cinematografico nostrano (molto poco italiana bisogna ammettere) e soprattutto per Virzì, sempre così lineare e poco ispirato. Grazie a questo tipo di regia poi, si sono potuti evitare i flashback sempre così macchinosi e a volte scollegati (per quanto concerne sempre il cinema italiano).
Altro pregio è quello di essere uscito dalla Toscana e l'aver saputo gestire - meglio tra l'altro - gli stereotipi del luogo, per quanto l'uso di cliché a volte troppo enfatizzati sia tipico delle opere del regista livornese.
I toni cupi e neri utilizzati, una freddezza - descrittiva del posto tra l'altro, quindi azzeccata - e un maggior distacco (probabilmente vista la base iniziale data dal romanzo) sono elementi nuovi per Virzì e non certo sgraditi e sgradevoli. Un bel cambiamento, una maturazione che non ci si aspetta. Gli attori sono mediocri. Come sempre noi ci dobbiamo distinguere per gli attori cani. O forse è la loro direzione a non essere il massimo. Valeria Bruni Tedeschi, Carla, nonostante qualche guizzo qua e là, è moscia come il suo personaggio (si percepisce che è lei ad esserlo) e la sua voce peggio di quella della Braschi (che se non parlasse non sarebbe neanche male) ma è in parte tutto sommato. Bentivoglio bravo ma troppo macchietta nel ruolo di Dino, un immobiliarista ingenuotto alle prese con investimenti spericolati e alla cieca. Valeria Golino brava ma anche lei senza nerbo (ma cos'hanno queste attrici?), nonostante in alcuni punti non sia così pessima. Gifuni normale, antipatico come dovrebbe essere, nel ruolo di Giovanni Bernaschi, marito borsista ricco ma in crisi per colpa dei risultati degli investimenti. Lo Cascio fa poco per essere giudicato. Più bravi inaspettatamente i giovani. Se Guglielmo Pinelli, Massimiliano Bernaschi, ogni tanto sembra un po' finto, Matilde Gioli che interpreta Serena e Giovanni Anzaldo, Luca, offrono una performance fresca, spontanea e piacevole.
Tutto abbastanza bene, non fosse per la furbizia nell'usare la tecnica di decostruzione e girare intorno alla questione più che risolverla e per i dieci secondi circa finali che stonano con quanto accaduto poco prima. Colonna sonora di Carlo Virzì non incisiva.
Tirando le somme, è un film più sincero rispetto ad altre opere di Virzì (merito sempre del romanzo probabilmente), meno grezzo e più raffinato, interessante, non noioso e più da mercato estero (ed in effetti è una co-produzione). Che volesse puntare in alto già all'inizio? Di premi ne ha vinti (ma li ha sempre presi anche prima) ma la candidatura agli Oscar toglierà - forse - questo dubbio.
Godibile e ben fatto. Da vedere assolutamente (almeno per curiosità). Consigliato.  

«Importi come questo vengono calcolati valutando parametri specifici: l’aspettativa di vita di una persona, la sua potenzialità di guadagno, la quantità e la qualità del suoi legami affettivi. I periti assicurativi lo chiamano il capitale umano.»


Voto: ***1/2







Il trailer:








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