Nuovo film consigliato da guardare in vista degli Oscar. Bravissimo il protagonista.
Van Gogh - Sulla soglia dell'eternità di Julian Schnabel è un film
biografico atipico, che cerca di prendere le distanze dagli schemi di
genere, ma viene paradossalmente fagocitato dalle inizialmente
interessanti invenzioni stilistiche, di regia e di fotografia.
La
macchina mano, lo sfocato, i filtri, se nell'incipit promettevano bene e
rendono l'idea del disagio mentale del pittore, poi risultano ormai
consolidati all'occhio dello spettatore, che si aspetta di più, ma quel
di più non arriva. Resta soltanto il tentativo di averci provato e una
certa prolissità e ridondanza miste alla ripetizione (voluta) di parole e situazioni.
Encomiabile in ogni caso la performance di Willem Dafoe: dolente,
intensissima e sentita. Tutto il suo volto parla da solo ed è
credibilissimo nei panni del pittore olandese Vincent Van Gogh, è lui,
completamente immerso nel personaggio. Un'interpretazione effettivamente
da nomination all'Oscar. Ma perfetti anche, tra gli altri, Oscar Isaac
nel ruolo di Gauguin (che parla in francese) e Rupert Friend in quello
del fratello Theo.
Un'opera particolare, non del tutto riuscita ma che
in alcuni momenti colpisce.
Da vedere per curiosità e in vista degli
Academy Awards.
venerdì 8 febbraio 2019
mercoledì 6 febbraio 2019
Wildlife di Paul Dano, opera prima dietro la macchina da presa di un grande attore che riesce a dimostrare di poter essere anche un autore consapevole, misurato e dallo sguardo acuto. Bravissimi i tre protagonisti
Wildlife di Paul Dano, presentato al Sundance e allo scorso Festival di Cannes, è un dramma intimista che rende bene il senso dell'oppressione e del soffocamento (l'incendio che viene mostrato e di cui si parla è un'azzeccata metafora).
Sguardo sui luoghi e il contesto, sguardi e grandi primi piani sui protagonisti e sul protagonista (e anche qui non è un caso che il ragazzo diventi fotografo e ritrattista) che osserva la vicenda forse con un alito di speranza e che con la sua giovane età cerca di trovare un suo posto nonostante viva in quella che oggi viene chiamata "famiglia disfunzionale".
In questa prima prova del grande attore Paul Dano dietro la macchina da presa ciò che si sente di più è proprio la regia. Sempre presente, con scelte ben precise e talvolta anche inconsuete e curiose per come cerca di raccontare questa storia.
Storia che sa di già visto ed è basata sul romanzo omonimo di Richard Ford, ma che è ben sceneggiata dalla come sempre bravissima Zoe Kazan, compagna di Dano, e da quest'ultimo.
E se forse tutto sembra piatto e non si sa dove voglia andare a parare, rimane quell'ultimo fotogramma a chiudere un'opera coerente e toccante. Con tre ottimi attori.
Carey Mulligan e Jake Gyllenhaal (che figura anche tra i produttori) non hanno bisogno di presentazioni. Soprattutto lei tra i due offre un'interpretazione così dolente e così puntuale che lo spettatore arriva a pensare: "Ma non sbagli mai, Mulligan?".
Tuttavia la vera sorpresa è Ed Oxenbould, che si mette totalmente nelle mani del regista e riesce a tirar fuori una prova di misura con grande intelligenza ed espressività.
Un Revolutionary Road (l'epoca è la stessa, tra l'altro) visto dalla parte di un figlio.
Non un capolavoro, ma un film delicato e realizzato con grande impegno.
Da vedere (in lingua originale) aspettandosi di uscire dalla visione con un senso di tristezza. È una pellicola che "lavora" e si insinua inconsciamente. Consigliatissimo.
Voto: ***/***1/2
lunedì 28 gennaio 2019
#OSCAR2019 #AcademyAwards2019 - A Star Is Born di Bradley Cooper storia vecchia come il mondo (e remake sostanzialmente del film del 1976 con Barbra Streisand) dagli ottimi intenti ma dallo scarso e falsissimo risultato. Ovviamente è nominato (e vincerà) una valanga di premi (ne ha già vinti tanti fino ad ora)
Nuovo film candidato all'Oscar. Altra delusione cocente.
Andrò controtendenza, dato che è un film che ha riscosso e sta riscuotendo successo in ogni parte del globo, ma a certe operazioni non ci casco, soprattutto se gli originali erano di un altro livello.
A Star Is Born, remake del film del '76 con Barbra Streisand e Kris Kristofferson di Frank Pierson*, remake del film del '54 con Judy Garland e James Mason diretto da George Cukor (e vero capolavoro tra i quattro) il quale a sua volta era remake del film del '37 di William A. Wellman (che a sua volta... ma tagliamo corto), è una storia dall'impianto classico messo in scena con taglio moderno, grandi primi piani e scene madri melense.
Non che non ci siano scene forti e d'impatto, non che Shallow non sia una grande hit e sì, siamo tutti consapevoli di trovarci di fronte ad un'opera realizzata per compiacere e colpire alla pancia lo spettatore.
E il risultato è un film finto, stucchevole e poco sincero, troppo impegnato a far sembrare grandiosa la sguaiata Lady Gaga, che ogni tanto convince, ogni tanto dà sui nervi con quegli occhi sbarrati o l'espressione perennemente schifata. Bradley Cooper, capello unto e barba da vero rocker vissuto non è credibile neanche per un secondo.
C'è da ammettere però che il doppiaggio è pedestre (perché devono tutti parlare scandendo le sillabe? Odioso) e in originale guadagnerà di sicuro dei punti. In ogni caso è un film che non ha neppure la metà del fascino che aveva la già discutibile pellicola del '76 (che a questo punto bisogna esaltare, dato che il paragone non regge).
Le otto nomination all'Oscar sono vergognose. Comunque da vedere giusto per capire cosa ci troveranno quasi tutti di così bello.
In ogni caso Bradley Cooper come regista si impegna (belli i titoli di testa). Rimandato a... tra un po' di tempo.
*Mia recensione
Voto: **1/2
Andrò controtendenza, dato che è un film che ha riscosso e sta riscuotendo successo in ogni parte del globo, ma a certe operazioni non ci casco, soprattutto se gli originali erano di un altro livello.
A Star Is Born, remake del film del '76 con Barbra Streisand e Kris Kristofferson di Frank Pierson*, remake del film del '54 con Judy Garland e James Mason diretto da George Cukor (e vero capolavoro tra i quattro) il quale a sua volta era remake del film del '37 di William A. Wellman (che a sua volta... ma tagliamo corto), è una storia dall'impianto classico messo in scena con taglio moderno, grandi primi piani e scene madri melense.
Non che non ci siano scene forti e d'impatto, non che Shallow non sia una grande hit e sì, siamo tutti consapevoli di trovarci di fronte ad un'opera realizzata per compiacere e colpire alla pancia lo spettatore.
E il risultato è un film finto, stucchevole e poco sincero, troppo impegnato a far sembrare grandiosa la sguaiata Lady Gaga, che ogni tanto convince, ogni tanto dà sui nervi con quegli occhi sbarrati o l'espressione perennemente schifata. Bradley Cooper, capello unto e barba da vero rocker vissuto non è credibile neanche per un secondo.
C'è da ammettere però che il doppiaggio è pedestre (perché devono tutti parlare scandendo le sillabe? Odioso) e in originale guadagnerà di sicuro dei punti. In ogni caso è un film che non ha neppure la metà del fascino che aveva la già discutibile pellicola del '76 (che a questo punto bisogna esaltare, dato che il paragone non regge).
Le otto nomination all'Oscar sono vergognose. Comunque da vedere giusto per capire cosa ci troveranno quasi tutti di così bello.
In ogni caso Bradley Cooper come regista si impegna (belli i titoli di testa). Rimandato a... tra un po' di tempo.
*Mia recensione
Voto: **1/2
giovedì 24 gennaio 2019
#OSCAR2019 #AcademyAwards2019 - Green Book di Peter Farrelly, storia vera romanzata che piace e sa di piacere. Bella prova interpretativa per Mahershala Ali
Ritorno dopo tanto tempo per parlarvi di un film che sta riscuotendo molto successo al cinema, com'era prevedibile, per la trama e il suo essere creato a tavolino per scaturire un certo tipo di reazioni.
Mi riferisco a Green Book di Peter Farrelly con Viggo Mortensen, Mahershala Ali e Linda Cardellini.
Green Book di Peter Farrelly, storia vera - romanzata - sul pianista di colore Don Shirley e del suo autista bianco Tony Vallelonga, è buonista e di maniera, fin troppo furbo e prevedibile, con quelle sue battutine puntuali e il suo essere così posato.
Ma tra un Viggo Mortensen ghignoso e dall'italiano (o)stentato (in lingua originale sanguinano le orecchie) e un Mahershala Ali che dimostra ancora una volta di essere al di sopra dei film che interpreta (ricordate quell'obbrobrio acclamato che fu nel 2016 "Moonlight" di Barry Jenkins?), tra la bella musica dell'epoca e l'atmosfera natalizia, la suggestione vintage, quel "sa di già visto", cattura, coinvolge, rende partecipi: i buoni sentimenti e l'ironia facile intontiscono tutti, ammettiamolo.
Il punto è che ci troviamo davanti ad una pellicola di intrattenimento.
Intelligente, talvolta acuta, a volte ingenuotta (sembra che il coraggio iniziale si annacqui in qualcosa di molto più formale e politicamente corretto di quanto non sembrasse) non è assolutamente meritevole di un Oscar come Miglior Film ad esempio, a prescindere dagli altri concorrenti.
Ma è quel tipo di opera che sembra chiamarli, i premi popolari.
Una bella operazioncina che piace e si autocompiace.
Merita comunque una visione, sapendo in anticipo che si verrà "ricattati".
Mi riferisco a Green Book di Peter Farrelly con Viggo Mortensen, Mahershala Ali e Linda Cardellini.
Green Book di Peter Farrelly, storia vera - romanzata - sul pianista di colore Don Shirley e del suo autista bianco Tony Vallelonga, è buonista e di maniera, fin troppo furbo e prevedibile, con quelle sue battutine puntuali e il suo essere così posato.
Ma tra un Viggo Mortensen ghignoso e dall'italiano (o)stentato (in lingua originale sanguinano le orecchie) e un Mahershala Ali che dimostra ancora una volta di essere al di sopra dei film che interpreta (ricordate quell'obbrobrio acclamato che fu nel 2016 "Moonlight" di Barry Jenkins?), tra la bella musica dell'epoca e l'atmosfera natalizia, la suggestione vintage, quel "sa di già visto", cattura, coinvolge, rende partecipi: i buoni sentimenti e l'ironia facile intontiscono tutti, ammettiamolo.
Il punto è che ci troviamo davanti ad una pellicola di intrattenimento.
Intelligente, talvolta acuta, a volte ingenuotta (sembra che il coraggio iniziale si annacqui in qualcosa di molto più formale e politicamente corretto di quanto non sembrasse) non è assolutamente meritevole di un Oscar come Miglior Film ad esempio, a prescindere dagli altri concorrenti.
Ma è quel tipo di opera che sembra chiamarli, i premi popolari.
Una bella operazioncina che piace e si autocompiace.
Merita comunque una visione, sapendo in anticipo che si verrà "ricattati".