Mi riferisco a La foresta dei sogni di Gus Van Sant.
Ecco la recensione:
La foresta dei sogni (The Sea of Trees) di Gus Van
Sant del 2015. Con Matthew McConaughey, Ken Watanabe, Naomi Watts,
Katie Aselton, Jordan Gavaris, James Saito. (110 min. ca.)
Arthur Brennan
(McConaughey) dopo la morte della moglie Joan (Watts) con la quale
aveva avuto un tormentato rapporto, decide di togliersi la vita nella
foresta sotto il monte Fuji, in Giappone. L'incontro con un uomo
giapponese, nelle sue stesse condizioni, il quale però vuole
uscirne, lo metterà nelle codizioni di ripensarci.
Film drammatico
molto interessante per il confronto inizialmente tra due culture
diverse e tra spiritualismo e scienza (Arthur è uno scienziato).
Infatti, man mano che la storia va avanti e soprattutto nel finale,
tutto prende una piega più new age, sovrannaturale-misterioso.
Quelle che sembrano solo coincidenze in realtà è il destino (o
almeno questa è una chiave di lettura).
Fa riflettere su quanto
tutto abbia un significato, su quanto le cose succedano per un motivo
e quanto tutto sia collegato.
La cosa intelligente è che questi
argomenti hanno un senso, non vengono buttati in faccia allo
spettatore in maniera spicciola, bensì aiutano a capire il
protagonista e la storia in sé. Gli stessi flashback sono ben
integrati e servono a raccontare il passato di Arthur e Joan. Certo,
in alcuni momenti punta sullo stupore, sulle scene ad effetto, su una
trama altrettanto ad effetto (ma senza, non ci sarebbe neanche la
pellicola), eppure non passa mai il limite, anche quando prende una
piega troppo tragica o troppo surreale per essere vera.
Inoltre
mostra con lucidità quanto nei rapporti di coppia (anche duraturi)
si conosca poco l'altra persona. Parla di amore inespresso,
quell'amore non detto perché si è sempre troppo impegnati con altre
faccende o perché si ha quasi paura a mostrarlo.
Ed è una metafora,
un cammino dell'elaborazione del lutto: solo aggrappandosi al fatto
che sua moglie è comunque con lui in un modo o nell'altro, Arthur
potrà ritornare a vivere.
Il cast è azzeccato. Ovviamente Matthew
McConaughey la fa da padrone: espressivo, credibile, presente nel
momento. Si è calato totalmente nel suo personaggio e la sua
performance è dolente, sentita. Bravissimo anche Ken Watanabe. Naomi
Watts è un'altra che non ha bisogno di presentazioni: qualsiasi
ruolo interpreti è convincente.
Un film intenso, angosciante e
dolorosissimo con uno spiraglio di speranza.
Dal ritmo sempre
costante, mai pedante o prolisso, ben costruito, coerente e dai concatenamenti puntuali (ottimo anche
il montaggio), coinvolge e appassiona. Presentato in concorso a
Cannes, ha avuto critiche negative immeritate.
Da vedere (quando si è
dell'umore giusto). Consigliato.
Voto: ***
Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?
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