Mi riferisco a Marty, vita di un timido di Delbert Mann.
Ecco la recensione:
Marty, vita di un timido (Marty) di
Delbert Mann del 1955. Con Ernest Borgnine, Betsy Blair, Esther
Minciotti, Augusta Ciolli, Joe Mantell, Karen Steele, Jerry Paris,
Frank Sutton. (91 min. ca.)
New York, 1950 circa. Marty Piletti (Borgnine) è un
macellaio italoamericano di trentaquattro anni. Ancora scapolo, viene
continuamente pressato dalle clienti e dalla madre affinché si
sistemi. Solitario, goffo, robusto e non attraente, Marty esce di
tanto in tanto solo con qualche amico (ad esempio con Angie,
Mantell). Un giorno, per far contenta la madre (Minciotti), si forza
ad andare in una frequentatissima sala da ballo e lì conosce
l'altrettanto timida, non bellissima ma intelligente (e laureata,
insegnante) Clara (Blair), ventinovenne. Insieme si trovano
benissimo, eppure Marty si farà prendere dai sensi di colpa perché
tutti i suoi amici chiamano Clara "racchia" e addirittura
la madre - quando capirà che il figlio forse vorrà andar via di
casa o addirittura venderla - si dichiarerà contraria alla loro
frequentazione.
Film drammatico/sentimentale - vincitore di quattro
Oscar tra cui quello per il Miglior Film e Miglior
Attore Protagonista e la Palma d'Oro a Cannes - che ben
racconta la visione ristretta della società americana (ma
soprattutto italoamericana) dell'epoca, nella quale contava solo
sposarsi e farsi una famiglia. Una società maschilista, sessista,
basata sulle chiacchiere, sull'apparenza. C'è una sfacciataggine che
indispone nell'etichettare le persone, nel suddividerle in due
categorie: "brutti" e "belli". Squallido e
desolante.
Inoltre fa un quadro piuttosto spietato sull'emancipazione
di coppia, sui figli mammoni e sulle madri oppressive che stanno
sempre col fiato sul collo e li tengono al guinzaglio. Dall'altro
lato è anche una pellicola che parla di solitudine nella "vecchiaia"
(allora si usava questo termine anche parlando di cinquantenni), ma
altresì di solitudine in generale.
Sia Marty che Clara (ma anche gli
amici di lui lo sono, oltre che apatici e annoiati) sono introversi
ed aspettano che qualcuno cambi loro la vita. C'è molta verità nel
loro primo incontro, valido ancora oggi soprattutto se lo spettatore
- sfortunatamente - si identifica nell'uno o nell'altra. Il cast è
fantastico. Ernest Borgnine è credibile nel ruolo di un impacciato
ragazzone comune. Espressività e tanta sensibilità. Oscar
meritatissimo. Betsy Blair è altrettanto in parte (ed anche
coraggiosa, dato che viene presa in giro, maltrattata. Deve aver
avuto una grande autostima e molta autoironia per non finire
fagocitata dal suo stesso personaggio). Bravissimi anche Esther
Minciotti con quell'accento marcato e Joe Mantell, convincente nel
ruolo dell'amicone che appena si sente messo da parte da Marty lo
giudica e sminuisce l'interesse che lui ha per Clara. Ma tutti gli
attori sono bravi.
C'è da dire che tutti i personaggi (tranne forse
i due protagonisti. Ma anche Marty ha delle debolezze che in verità
non gli fanno onore) sono odiosi perché pieni di sè, arrabbiati col
mondo. Caratterizzati benissimo (la sceneggiatura - vincitrice di un
altro Premio Oscar - è perfetta, senza sbavature. Semplice, lineare,
ma con dei sottotesti complessi, per niente banali).
La regia è
solida: Mann sa cosa dire e come dirlo.
Un film che nonostante il
lieto fine (un po' tirato via) rimane comunque poco consolatorio per
quello sguardo così poco indulgente sulla natura degli esseri umani.
Malinconico, duro, irritante, tristissimo, con qualche lampo di
tenerezza qua e là. Coinvolge, crea empatia, fa riflettere. Un
gioiellino, un'inconsueta storia d'amore.
Da vedere assolutamente (in lingua originale. In
italiano, quella cadenza forzata che hanno dato a Marty è
particolarmente sgradevole). Consigliatissimo. (Tra l'altro, si
parlava già di come i supermercati stavano uccidendo l'esercizio
commerciale dei piccoli negozianti. Lungimirante).
Voto: ***1/2/****
Il trailer:
Voi l'avete visto? Cosa ne pensate?
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